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Le notti dell’urogallo

fmr1918 (1)Nei boschi misti maturi e molto maturi compresi tra un altitudine di 1200 e di 1800 metri tutte le primavere si ripete un rito ancestrale che affascina l’uomo sin dalla notte dei tempi. Il ‘responsabile’ è il più grosso rappresentante della famiglia dei fasianidi, il gallo cedrone.
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Di origine euroasiatica l’ urogallo raggiunge i 4-5 chilogrammi di peso e un’ apertura alare di 120 cm nel maschio adulto. Il dimorfismo sessuale è evidente oltre che per le dimensioni -le femmine infatti pesano circa la metà o un terzo dei maschi- anche per la colorazione : bruno-grigiastra con sfumature rosse sul petto per le femmine, mentre il maschio è nerastro con riflessi verdi-blu sul petto e vistose macchie scapolari bianche. Inconfondibile inoltre per la vistosa lunga coda con penne nere screziate di bianco. Un tempo era ben distribuito e presente su tutto l’arco alpino ma, la riduzione dell’habitat, l’ eccessivo prelievo venatorio ed i cambiamenti climatici ne hanno ridotto notevolmente l’areale di distribuzione fino alla completa estinzione dalle alpi occidentali. Nelle alpi orientali, anche se con areali frammentati, il numero di galli cedroni rimane buono ma, per la Lista Rossa degli Uccelli Italiani, risulta comunque essere una specie in stato vulnerabile.
Lo considero da sempre un animale enigmatico ed affascinante. Quasi invisibile durante tutto l’arco dell’anno diventa chiassoso ed aggressivo nel periodo riproduttivo. Ho dedicato a questa specie vari anni di studio prima di riuscire a scattare delle fotografie di accettabile qualità. Non conto nemmeno più le nottate insonni alla ricerca di questo splendido tetraonide. Uscire a notte fonda, sci o racchette da neve ai piedi carico di tutta l’attrezzatura fotografica. Camminare per ore nel buio e chiudersi poi in un capanno montato mesi prima affinchè gli animali si abituino a quella discreta ma anomala costruzione. Aspettare l’alba. Fatico a descrivere l’emozione di quel suono nella notte: prima il silenzio e poi tutto d’un tratto eccolo, lontano, ancora in pianta con il suo tipico canto. Un sussulto al cuore e il sonno lascia spazio all’ impazienza. Poi l’attesa della luce sperando che la posizione del capanno, studiata negli anni, sia quella corretta. E appena prima dell’alba un fragoroso batter d’ali mi fa trasalire, il re è sceso nell’arena. Guardo fuori e intravedo la sagoma nera che si staglia sul bianco della neve. Appena la luce lo permette scatto le prime fotografie cercando di fare meno rumore possibile. Osservare i rituali di corteggiamento è estasiante: il canto, il battito d’ali che ricorda lo schiocco di una frusta e ancora i combattimenti violenti tra i maschi ed infine l’ arrivo dell’oggetto del contendere. Molto più scaltre e difficili da osservare, le femmine arrivano, controllano la prestanza dei maschi e si fanno corteggiare non troppo a lungo. L’accoppiamento avviene in un attimo. Difficilmente torneranno nel lek. Di li a poco costruiranno sommariamente un nido in una depressione del terreno e daranno il via a nuove generazioni. Una cosa curiosa è vedere con quanto coraggio difendono i piccoli, nidifughi, fingendosi ferite in modo da attirare l’attenzione del predatore su di se distogliendolo dalla nidiata.
L’aspetto fondamentale per questo tipo di fotografia è il rispetto e la massima attenzione da portare alla specie. Molti sono gli accorgimenti da mettere in atto per ridurre al minimo il disturbo, tra i più importanti entrare nel capanno almeno tre ore prima dell’alba ed uscire solo quando i galli cedroni si sono spostati dalle arene. Sono animali che possono trasmettere emozioni incredibili ma è bene ricordare che il benessere stesso della specie vale più di una bella fotografia. Aprile e maggio sono per me i mesi dei galli, notti senza sonno, camminate al chiaro di luna, freddo intenso ma emozioni a non finire.

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