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Gianfranco Fois: il fotografo che sussurra ai cavalli

fois_ritrattoLunga barba e lunghi capelli bianchi, occhi vivaci, portamento pacato: chi conosce la serie de “Il Signore degli anelli” sicuramente ricorderà il personaggio Gandalf e chi conosce Gianfranco Fois non può che trovarne una fortissima somiglianza!

L’AFNI Sardegna si prepara ad inaugurare una serie di incontri fotografici dal nome “INCANTI – Gli infiniti volti della natura”. Grazie a questi incontri si avrà la possibilità di conoscere fotografi, sardi e non, conoscere i racconti dei loro viaggi fotografici, siano essi dall’altro capo del mondo o sotto casa e soprattutto si avrà la possibilità di osservare la natura attraverso le varie interpretazioni di chi la fotografa.

Inaugurerà l’inizio degli incontri Gianfranco Fois, fotografo sardo di Ales : l’AFNI Sardegna l’ha incontrato e intervistato per farlo conoscere anche agli amici dell’Asferico Web.

Ciao Gianfranco, potresti dirci da quanti anni fotografi e come è nata la tua passione per la fotografia?
Il tempo scorre velocemente e sono già passati quarant’anni da quando ho iniziato a fotografare la Giara in lungo e in largo. Il tutto è iniziato per caso, quasi per gioco a dire il vero. Mio padre era  guardia carceraria in un carcere ed io con la mia famiglia vivevamo lì.. Nonostante gli orari particolari che mio padre doveva rispettare nel suo lavoro essendo l’unica guardia carceraria, non perdeva la passione per le lunghe passeggiate all’aria aperta. Così, quando passeggiava in campagna dalle tre alle sei del mattino, portava anche me e mio fratello. Ogni volta mi guardavo attorno con stupore verso le infinite meraviglie della natura. Da lì l’esigenza di documentarmi e documentare fotograficamente quel che più mi restava impresso e più lo facevo e più amavo farlo. Per me stesso.

Per te stesso… Eppure ad un certo punto di questo tuo cammino fotografico hai iniziato a far conoscere le tue fotografie…Ho sempre amato osservare la natura attraverso gli occhi di altri fotografi. Mi piace confrontarmi, conoscere e stupirmi davanti ad altri punti di vista. Notavo però che i più presentavano foto fantastiche di terre lontane, magari di animali feroci e per questo impressionanti. Devo essere sincero: non ho mai desiderato conoscere altre terre. O meglio, la curiosità c’era e c’è ma posso colmarla grazie al lavoro degli altri fotografi. Per una questione economica, per priorità che ho sempre riservato alla mia famiglia e ai miei figli, sapevo di non potermi permettere quei viaggi, quelle fotografie. Sapevo però di avere la fortuna d’essere nato in una terra meravigliosa. Da qui il desiderio di conoscerla, studiarla e a questo punto fotografarla non solo per me stesso, ma per mostrarla anche a chi non la conosce.

Cosa ti piace trasmettere a chi osserva le tue foto?
Nel mio piccolo cerco di far conoscere la bellezza di ciò che mi circonda, la semplice perfezione della natura. Tutt’oggi non desidero uscire fuori dalla mia terra perché mi manca ancora tantissimo da poter vedere qui come anche solo la nascita di un puledrino o seguire negli anni la crescita e lo sviluppo di un animale che si è fotografato e quindi conosciuto. Ricordo che anni fa, mentre fotografavo, avevo incontrato dei cavalli. Uno di questi aveva le orecchie abbassate: sembrava sempre adirato. Ci ero tornato giorni dopo e lo avevo rivisto. Da uno sguardo più attento avevo però notato che le orecchie non erano abbassate, bensì assenti: le aveva perse certamente durante un combattimento dato che, anche sulle zampe, mostrava delle grosse cicatrici. Proprio recentemente mi è tornato alla mente e sono andato a cercarlo. Che gioia ritrovarlo, riconoscerlo, vederlo star bene ora con una sua famiglia! Sono queste le cose che amo.

Quali sono i tuoi soggetti preferiti da fotografare?
Certamente il cavallo, il suo comportamento allo stato brado, la sua vita sociale. Mi piace osservarlo e notare le forti differenze caratteriali tra i cavalli che vivono liberi e quelli che vivono in un ambiente domestico.
Poi mi piace fotografare il Martin Pescatore per la difficoltà che ho sempre avuto nel trovarlo. Comunque amo tutto della mia terra: fiori, insetti, nuvole, paesaggi, gli uccellini che mi vengono a trovare durante le mie lunghe giornate costretto a casa dalla malattia, la Giara…

Cos’è per te l’etica del fotografo naturalista?
Per me è fondamentale portare il massimo rispetto verso la natura. Amo cogliere l’essenza vera di quel che fotografo. Se per avere uno scatto migliore devo manipolare l’habitat di un animale o istigarne un comportamento, serenamente preferisco di gran lunga rinunciare a quello scatto. Tutto ciò che manipoliamo perde di naturalezza, veridicità, rispetto.

Come hai vissuto il passaggio tra fotografia analogica e fotografia digitale?
Onestamente non bene. Amavo mettere e togliere le pellicole, avere quel tot di scatti a disposizione. E amavo poter stare anni luce lontano dai computer… Visto che non li sapevo usare! Man mano che provavo però mi accorgevo di come, con l’avvento del digitale, migliorava la qualità delle fotografie specialmente in condizioni di scarsa luce. In quel periodo mio figlio aveva otto anni e, con la sua compatta, mi accompagnava durante le uscite fotografiche. Pian piano gli ho trasmesso l’amore per la fotografia e lui mi ha insegnato ad amare e usare i computer. Devo inoltre ammettere che la fotografia digitale mi ha anche permesso di fare nuove amicizie, spesso ben più giovani di me.

Hai citato la tua malattia… Ti va di parlarcene?
Sino qualche anno fa, come i più, sognavo ad occhi aperti aspettando il periodo della pensione in modo tale da poter avere tanto più tempo da poter trascorrere all’aria aperta a fotografare. Non sempre però le cose vanno come vorremo e otto anni fa ho riscontrato una malattia che, da allora, non mi permette più di stare sotto il sole o di espormi a fonti di calore. Grazie a questa malattia ho imparato ancor di più ad amare quel che mi circonda.

Grazie a questa malattia… Sembra strano poter ringraziare una malattia…
Si. E’ vero. Avevo l’alternativa di farmi buttar giù di morale, cadere magari in depressione… Invece ho lasciato perdere la rabbia. Quel che accade a volte non si può cambiare e non serve a nulla abbattersi. Il lato positivo c’è e si può trovare. Io l’ho trovato ancora una volta grazie alla fotografia. Sono consapevole del fatto che mi abbia aiutato dal tenere ben distante la depressione e a sentirmi comunque me stesso anche di fronte a questa malattia. A volte è proprio vero che gli ostacoli non sono che opportunità! Così ho ricavato, nel giardino di casa, delle vaschette naturali che riempio di acqua fresca. Sono tantissime le specie di uccelli che, felici, vengono a dissetarsi o a lavarsi. Io gli osservo e fotografo da dentro casa quando le temperature non mi permettono di poter stare fuori. Mi danno gioia, sono un dono ogni qual volta mi vengono a trovare e non mi lasciano solo. Sono come parte della famiglia…

Gianfranco è stato socio AFNI negli anni passati, ora desidera rinnovare l’iscrizione per poter far parte della nostra sezione e noi non potremo che essere fieri di avere tra noi la sua saggezza e lo spirito da buon Galdalf.
L’incontro con la sua bellissima semplicità si è svolto sabato 21 dicembre ad Arborea conquistando la stima di numerose persone.

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