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#pdv – In cerca di emozioni … di Cristiano Vendramin

Il punto di vista – #PdV
In cerca di emozioni
Conoscere così bene i propri luoghi, tanto da progettare un’uscita fotografica mirata per costruire un racconto. Il bagaglio di conoscenza guida il fotografo che sa di trovare la fonte sicura di ispirazione
 
 
Quando mi è stato chiesto di partecipare alla rubrica Il Punto di vista non ho avuto esitazioni nel rivolgere il pensiero alla Foresta del Cansiglio, ambientazione di splendide giornate trascorse in natura.

Questa Foresta offre al fotografo frontiere infinite entro cui far spaziare l’immaginazione.
Al contempo ero consapevole che sarebbe stato inutile ogni tentativo di fornire, seppur sommariamente, una descrizione della grandiosità e delle peculiarità naturalistiche di questo sito.
Lo stesso ragionamento valeva anche per un breve racconto fotografico.

PdV_Vendramin1_07Penso che ognuno di noi sia consapevole di essere testimone di una frazione, infinitesimale, della storia e dell’evoluzione della natura, la quale sfugge alle dinamiche ed alle ristrettezze del tempo a nostra disposizione.
A dirla con le sagge parole di Mario Rigoni Stern, il tempo della foresta non è quello del campo, né del frutteto, nemmeno quello della vita di un uomo.
Senza dunque alcuna pretesa, tantomeno di esaustività, ho quindi deciso di scegliere una stagione (l’autunno), e di raccontare una recente uscita fotografica.

Parto la mattina, di buon’ora, da Vittorio Veneto, mia città natale sita proprio a due passi dall’altopiano.
Questa vicinanza – non lo nascondo – mi è stata di forte aiuto nel corso del 2020, anno segnato da un’emergenza sanitaria che ci ha imposto distanziamenti interpersonali e riduzioni degli spostamenti.

Torno con voglia a fotografare dopo la breve pausa estiva: in autunno cambia la luce, e si creano condizioni ideali per i fotografi naturalisti.
Non mi riferisco solamente ai colori, davvero mozzafiato, della stagione, ma anche alle nebbie che, specie in Cansiglio, grazie alla sua morfologia, possono ristagnare per giorni interi.

PdV_Vendramin1_01Mentre mi avvicino all’altopiano noto con emozione che nella conca le prime nebbie sono già presenti, un ottimo motivo per raggiungere la monumentale faggeta la quale conosce da secoli la presenza dell’uomo.
In circa venti minuti d’auto, poco prima dell’alba, arrivo alle pendici del Monte Pizzoc, uno dei rilievi che circondano l’altopiano del Cansiglio.

Il fenomeno, caratteristico di questi luoghi, dell’inversione termica, fa sì che vi sia una inversione anche nella presenza delle specie vegetazionali, con il faggio (Fagus sylvatica) sito a quote più alte (tra i 1100 e i 1400 mt) rispetto all’abete.

Zaino in spalla mi addentro nel bosco, sperando che la nebbia dalla conca cominci a risalire.
In appena mezz’ora il bosco cambia completamente aspetto, la nebbia non si è fatta attendere.

In un primo momento, ancora assente la luce, percorro un sentiero tenebroso; attorno a me sento la presenza di alberi vertiginosi, che assumono sembianze più che stravaganti.
I folti rami, come lunghi capelli paiono scendere dal cielo; altri formano invece archi o strutture che riconduco a immagini familiari.
In un piccolo prato un faggio, spezzato dalla forza dal vento, giace da chissà quanti anni.

Ad un certo punto, inaspettatamente, la luce del nuovo giorno riesce a farsi spazio, rendendo le cortecce dei faggi di un elegante grigio argenteo. Mi sembra di poterle toccare da quanto sono piene di vita.

L’atmosfera è proprio quella che cercavo; il bosco tutto per me, il bianco della nebbia a cancellare ogni distrazione ed elemento di disturbo, il tempo che sembra essersi fermato mentre utilizzo la mia reflex.
Quando il sole, ormai alto, scaccia la residua umidità, guardo l’orologio e noto che sto fotografando da oltre tre ore.
Ma l’incanto non è ancora del tutto svanito.

Nell’uscire dal bosco, rigenerato, noto un esile faggio che si erge – in tutta la sua fierezza – proprio al limitare del ciglio della strada; anche a lui non ho potuto che dedicare uno scatto prima di rincasare.

Ora però la luce è troppo forte, e metto via soddisfatto l’attrezzatura fotografica.

PdV_Vendramin1_04Assieme alle fotografie, che ho avuto il piacere di raccogliere e qui di condividere, rimarrà con me vivido il ricordo di questa uscita, che mi ha fatto un po’ fantasticare e tornare bambino.
E forse, a pensarci bene, è proprio questo quello che cerco nella fotografia: vivere un’esperienza che mi stupisca e fissare quell’emozione in una immagine. Meglio ancora se questa magia avviene nei luoghi a me cari, e dall’osservazione delle cose più semplici.
Cristiano Vendramin, Vittorio Veneto (Tv)

 


Cristiano Vendramin
Nasce a Vittorio Veneto, capoluogo delle Prealpi Trevigiane. Dopo avere terminato gli studi universitari, gli viene regalata dai genitori la prima reflex, che porta con sé durante le escursioni nelle amate montagne del Nord-Est, Prealpi e Dolomiti. Partecipa a corsi e workshop organizzati da fotografi naturalisti italiani di primario livello. Le sue fotografie sono state premiate in importanti concorsi internazionali (Glanzlichter e Narava Contest).
Dal 2019 fonda con altri tre fotografi naturalisti italiani il gruppo Innerscape, con l’obiettivo di proporre una fotografia introspettiva, che valorizzi la visione più intima della natura.

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