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Molentargius: fiore all’occhiello dei cagliaritani

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Il parco naturale regionale Molentargius – Saline istituito con la legge regionale n. 5 del 26 febbraio 1999, rappresenta una Zona Umida di rilevanza europea che nella storia dei cagliaritani e non, ha sempre rivestito un particolare interesse sociale, economico e naturalistico[1].
Is molentargius erano i conduttori di asini – molentis in sardo – che caricavano il sale per trasportarlo verso i nodi di scambio principali.
1622 ettari che si estendono tra la città di Cagliari e Quartu Sant’Elena, delimitati a nord dalla città di Quartu Sant’Elena, a ovest e a sud da alcuni quartieri di Cagliari (Genneruxi, San Benedetto, La Palma, Quartiere del Sole, Poetto), a sud-est dalla striscia costiera del Poetto. L’intera area è caratterizzata da bacini sia di acqua dolce che salata, separati da una piana con caratteristiche di prevalente aridità denominata Is Arenas.
Le zone ad acqua dolce sono costituite dagli stagni del Bellarosa Minore e Perdalonga, nati come vasche di espansione delle acque meteoriche. Le zone ad acqua salata comprendono gli specchi d’acqua dell’ex sistema produttivo delle Saline di Cagliari costituiti dal Bellarosa Maggiore o Molentargius (vasca di prima evaporazione), dallo Stagno di Quartu (vasche di II e III evaporazione), dalle altre vasche salanti (saline di Cagliari) e dal Perda Bianca (ex bacino di raccolta delle acque madri).
In epoca sabauda l’uomo intervenne sulla naturale conformazione idrografica attraverso la costruzione di grandi opere idrauliche per ottenere la produzione industriale del sale. Le saline del Molentargius funzionarono fino al 1985, quando un’infiltrazione di acque inquinate determinò il termine dell’attività produttiva. Attualmente l’intero complesso viene alimentato da una idrovora posta a 600m dalla costa e restano funzionanti i canali per il ricircolo e purificazione delle acque.
Il parco negli ultimi anni ha sicuramente risentito della crisi economica e delle scelte politiche che lo scorso anno stavano per determinarne la chiusura.
La ripresa non si è fatta attendere e semplicemente percorrendo le strade del parco è possibile notare come esso stia tornando a essere quello che dovrebbe rappresentare il fiore all’occhiello dei cagliaritani. Sintomatico di una sana ripresa è stato il boom di nascite che lo scorso maggio hanno tinto di rosa il Bellarosa Maggiore, attirando curiosi, turisti, appassionati e addetti ai lavori. Solo quest’anno tra le colonie di Molentargius e Santa Gilla (altra Zona Umida del cagliaritano) si stimano 15.000 nascite di fenicotteri rosa.
Il direttore Bruno Paliaga ha riservato a noi dell’AFNI Sardegna un’accoglienza particolare, dandomi la possibilità di trascorrere una giornata al parco. Accompagnato dal naturalista Roberto Cogoni, in una sola mattinata è stato possibile osservare una notevole quantità delle specie nidificanti.

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Partendo dal sito di nidificazione dei fenicotteri rosa abbiamo percorso le vie del parco seguendo i corsi d’acqua che determinano il complesso sistema di ricircolo e depurazione e che favorisce un habitat ideale non solo per il fenicottero rosa ma anche per una lunga lista di Ciconiformi (Airone bianco maggiore, Airone rosso, Garzetta, Mignattaio, Nitticora, Sgarza ciuffetto, Spatola, Tarabusino), Pellicaniformi, Anseriformi (Alzavola, Germano reale, Mestolone, Moretta, Moretta tabaccata, Moriglione), per il Falco di palude, per il Pollo Sultano e ancora per i Caradriformi (Avocetta, Cavaliere d’Italia, Combattente, Fraticello, Gabbiano corso, Gabbiano roseo, Mignattino, Mignattino piombato, Piro piro boschereccio, Sterna comune, Sterna zampenere). La lista è veramente lunga e questo grazie alle autorità e alle gestioni del parco che nel corso della storia hanno saputo preservare gli equilibri necessari perché il Molentargius acquisisse un’importanza naturalistica unica sul territorio Nazionale. Dal 2010 è presente il pellicano, che negli otto anni precedenti era stato avvistato solo una volta durante il periodo estivo.

Come in ogni ecosistema molto antropizzato, i fattori di rischio che potrebbero comprometterne gli equilibri non mancano. Particolare attenzione va rivolta al birdwatching, che se non disciplinato, potrebbe disturbare le colonie, arrivando anche a compromettere la nidificazione di alcune specie. Gli incendi che già in passato hanno distrutto parte dei canneti, fondamentali per la nidificazione dell’avifauna stanziale. Il randagismo che seppur fortemente diminuito, in passato ha distrutto dei nidi. Ultimo e non meno importante, la presenza di specie non autoctone come la nutria che andrebbe monitorata per valutarne l’impatto.

La vita al Molentargius prosegue senza sosta tra migratori e residenti, avvolta spesso da un’atmosfera di “attenta indifferenza” dei cagliaritani che prendono sempre più coscienza circa l’importanza di preservare una risorsa di cui possono sicuramente vantarsi; le nascite rosa di quest’anno ne sono un’ulteriore conferma.

 

[1] Sito di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della direttiva dell’Unione europea n. 43 del 1992 (cosiddetta direttiva Habitat), Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della direttiva dell’Unione europea n. 409 del 1979 (cosiddetta direttiva Uccelli, abrogata e sostituita dalla direttiva n. 147 del 2009) e Zona umida di importanza internazionale ai sensi della convenzione di Ramsar.

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