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    #Inconversation – Il pensiero trasversale

    July 1st, 2022

    Il pensiero trasversale
    a cura di Simona Tedesco

    Abbiamo incontrato Nicola Destefano, fotografo naturalista che ha saputo trasformare un interesse che coltivava fin da piccolo nella sua professione, scegliendo la fotografia di natura e affiancandole l’organizzazione di workshop, serate e viaggi fotografici. Al centro delle tante attività che svolge, Nicola ha messo la volontà di condividere le conoscenze e lo fa in modo onesto e completo, con un metodo consolidato di verifica e conferma, che corrisponde al suo stile di vita.
    Conoscenza, divulgazione, capacità di mettersi in discussione, di rivedere le proprie convinzioni, sono i temi che abbiamo toccato nell’intervista, in un piacevole rincorrersi tra argomenti apparentemente diversi, ma tutti collegati da un unico e intrigante pensiero trasversale.

     

    Ciao Nicola, inizio con il chiederti quando hai cominciato a occuparti di Natura e di fotografia?
    Ho sempre nutrito una spiccata curiosità sull’argomento e fin da bambino sono cresciuto in un contesto molto stimolante. Gli anni ’80 erano un ambiente idilliaco da questo punto di vista. Seguivo Piero Angela in televisione e i documentari di Cousteau, Quilici, Celli, Attenborough ed ero un gran divoratore di libri e riviste del settore. Ho avuto anche la possibilità di viaggiare, una passione trasmessa anche dai miei genitori, che ha alimentato certamente il desiderio di conoscere luoghi, culture e realtà per me nuove. Ho iniziato a fare fotografia per documentare quello che vedevo, ovunque mi trovassi, sia all’estero sia in Italia. È stato naturale unire la passione della fotografia a quella dei viaggi e della natura.

     La tua è una ricerca? Ami “ricercare”?
    Sì. Anche quando mi trovavo nei boschi o nel giardino di casa, passavo giornate intere a esplorare, osservare e cercare e la fotografia in questo mi ha aiutato molto. Non ho mai smesso. Con la macro riuscivo a scoprire e vedere nel dettaglio un mondo piccolissimo cui altrimenti non avrei avuto accesso, oppure con i teleobiettivi avevo la possibilità di seguire grandi animali senza avvicinarmi o creare disturbo. La fotografia è uno strumento straordinario: è un mezzo di conoscenza e anche un importante mezzo di condivisione. Mostrare ciò che hai visto consente di entrare in contatto con altre persone con cui scambiare informazioni e impressioni, oltre a diventare uno stimolo per approfondire le proprie conoscenze o iniziare a informarsi sulla biologia delle specie osservate.

    Il rapporto con gli altri consente uno scambio continuo di informazioni e punti di vista ed è sempre motivo di crescita. Senti una responsabilità nel momento in cui ti trovi a trasferire le tue conoscenze?
    Sì, certamente, altrimenti non lo farei. Credo che quando ci si impegna in qualcosa sia necessario essere corretti e responsabili. Se si è corretti con sé stessi, prima di comunicare qualcosa è necessario avere consapevolezza di quello che si dice e, in caso contrario o se si hanno dubbi, non esitare a prendersi del tempo per verificare le informazioni. Quindi l’approccio per me giusto è lo studio, la verifica delle fonti e una certa dose di accortezza. Questa è un’azione quotidiana che nasce dalla volontà di imparare costantemente… non possiamo sapere tutto, ma possiamo aggiornarci continuamente e anche rivedere le nostre convinzioni.

    Anche questo è un approccio alla conoscenza che deriva dal metodo scientifico?
    Sì, dal metodo conoscitivo condiviso in qualsiasi disciplina. Si confrontano continuamente osservazioni, conoscenze e risultati ottenuti e, grazie alla condivisione che è tipica della comunità scientifica, si è pronti a rivedere quei risultati sulla base di nuove informazioni. La conoscenza non è statica, è qualcosa che cambia e che cresce, e occorre sapersi mettere in gioco.

    Quando hai iniziato a occuparti completamente di fotografia naturalistica? C’è stato un momento preciso in cui hai capito che era quello che volevi fare nella vita?
    A livello professionale, ho avviato questa mia attività nel 2008. Prima ho fatto molti lavori, e gli ultimi dieci anni li ho trascorsi nella più grande azienda italiana di advertising, dove ho avuto anche modo di lavorare su alcuni progetti che vedevano coinvolti fotografi commerciali (automotive, food, etc) e grandi fotografi che si occupavano della realizzazione di campagne pubblicitarie e calendari di una nota azienda di caffè. Ad un certo punto ho capito che volevo seguire le mie passioni: la fotografia di natura, l’organizzazione di viaggi e workshop, la pubblicazione di articoli e la condivisione di tutto questo. Così mi sono deciso e ho cambiato lavoro.

    Oltre al tuo lavoro, ci sono altre occasioni che cerchi o crei in cui ti è possibile coltivare allo stesso modo queste tue passioni?
    Alla fine, questo è il modo in cui ho impostato la mia vita e mi accorgo che tutte le scelte che faccio vanno nella stessa direzione. Penso a quando ho fondato Ibex, l’associazione di fotografia naturalistica che oggi è confluita nell’AFNI, o alle collaborazioni in ambito scientifico, come quella appena avviata per un nascente ecomuseo virtuale che vedrà presto l’online. Un altro piccolo esempio è la mia newsletter. Potrebbe essere una comunicazione di servizio agli iscritti che si limita a informare sui prossimi eventi che organizzo, mentre invece amo aggiungere notizie scientifiche e fotografie, con l’obiettivo di stimolare curiosità. Si tratta di una pubblicazione digitale mensile che costruisco con attenzione, verificando le notizie e selezionandole, sperando di interessare chi la riceve e magari avviare altre ricerche o un dibattito.

    Pensi di avere uno stile comunicativo che ti caratterizza?
    Cerco sempre di utilizzare un linguaggio semplice e preciso, che possa raggiungere tutte le persone. Provo a mettermi nei panni di chi mi ascolta perché il messaggio riesca ad arrivare a destinazione. Lo faccio però senza seguire le mode, senza cavalcare i sentimenti. Il mio riferimento è sempre la biologia in quanto tale e questo mi consente di raccontare la natura per com’è, senza presentare i comportamenti degli animali alla luce dei comportamenti e delle relazioni umane (i colti direbbero senza antropomorfizzazione), senza edulcorarli da caratteristiche crude che in natura esistono o viceversa cadere nel grottesco e nel sadismo, entrambe derive del momento. Credo che raccontare il mondo naturale in modo onesto sia una responsabilità e un dovere.

    Negli ultimi tempi si parla molto di divulgazione scientifica e naturalistica. Secondo te c’è differenza tra le due?
    Quando parliamo di scienza intendiamo “conoscenza strutturata e organizzata” e quindi come tale il termine “scienza” comprende tutte le scienze, quelle naturali così come quelle umanistiche e sociali. Quindi le scienze naturali rappresentano una branca della scienza e la divulgazione naturalistica è quella che si occupa di biologia, ecologia e scienze della Terra. Spesso viene considerata come qualcosa che ha a che fare con argomenti minori o legati all’infanzia, se la poniamo ad esempio in confronto alla divulgazione scientifica in campo medico. In realtà sono convinto, e questa è anche la tendenza del mondo scientifico moderno, che sia importante trattare questi temi con una visione sempre più ampia, che li comprenda tutti. Una visione allargata che metta in relazione e tenga in considerazione, tutto quello che ruota attorno alla scienza e alla sua divulgazione, integrando tutte le informazioni che appartengono a un sistema complesso, in un’ottica più completa.
    Per esempio, a volte vengono contrapposte la cultura e la scienza, ma questa distinzione non ha alcun senso. La scienza è cultura, è un prodotto culturale e non possiamo guardare alla cultura come sola cultura umanistica. La cultura abbraccia tutte le scienze e non solo. Quindi la divulgazione crea cultura. Ma questo è un dibattito soprattutto italiano, mentre all’estero le cose vanno decisamente meglio.

    Per te trasferire conoscenza è una missione, un piacere personale oppure un’esigenza?
    Principalmente parlo di ciò che imparo e ho imparato, spinto da una pura curiosità personale. Comunico argomenti che mi piacciono e provo piacere nel farlo. La più grande soddisfazione arriva quando le persone con cui entro in contatto durante le serate o le altre attività, mi ringraziano per aver imparato cose nuove o tornano quando organizzo altri workshop o viaggi. Comunicare è una pratica importante della mia vita, della mia attività professionale e del modo in cui ho scelto di vivere entrambe. Comunicare, per me, è un dovere morale, da cui non potrei prescindere.

    Ti faccio l’ultima domanda che sembra essere diversa da tutto quello di cui abbiamo discusso, ma che secondo me ci aiuterà a capire ancora molto di te: quando guardi una fotografia naturalistica, cosa vedi?
    La prima cosa che guardo in generale, in una fotografia, è la qualità estetica oltre alla sostanza. La composizione e la distribuzione armonica degli elementi all’interno dello scatto sono ciò che mi colpisce e che a mio parere comunica più efficacemente. Una fotografia per piacermi deve quindi essere ben fatta. La fotografia naturalistica deve poi offrire la possibilità di imparare qualcosa sui soggetti e sugli ambienti. Deve avere dei contenuti. Quando mi trovo di fronte a una fotografia che mi piace, inizio a farmi un sacco di domande sul soggetto, sull’ambiente in cui è ritratto, sul suo comportamento. È un processo automatico con un andamento “a cespuglio”, se dovessi rappresentarlo graficamente. In sintesi, sono attratto dal potere comunicativo di un’immagine interessante.

     

    Ti ringrazio per la tua disponibilità, per esserti messo in gioco e per averci raccontato moltissimo di te del modo in cui vivi il tuo lavoro e della filosofia che sta alla base di tutte le tue scelte. Per finire, sotto, ci hai regalato una ricca galleria di tue immagini. Nel box in biografia, ci sono i link anche al tuo sito dove ci si può iscrivere alla tua newsletter.

    Grazie! 


    Nicola Destefano
    Destefano_squareFotografo naturalista professionista, organizza e tiene corsi, viaggi fotografici e serate divulgative-formative a tema. E’ socio AFNI e coordinatore della sezione Piemonte-Valle d’Aosta.
     
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    UNO SCATTO PER LA NATURA – CONCORSO DI FOTOGRAFIA NATURALISTICA PER GIOVANI UNDER 30

    February 26th, 2021

    unoscattoperlanaturaScatta una foto a una delle tantissime meraviglie naturali che abbiamo in Italia.
    Vinci ricchi premi e la pubblicazione dei tuoi scatti su importanti riviste e sui social del Ministero dell’Ambiente.
    Contribuisci così a sensibilizzare i cittadini sull’importanza del rispetto per la natura e a raccontare un patrimonio naturale, quello italiano, unico al mondo!
    Fai uno Scatto per la natura!
    Oltre 57 mila specie animali e 5.600 specie vegetali. Un terzo delle specie vegetali presenti in tutta Europa e addirittura la metà di quelle animali.
    E ancora: più di 870 aree protette, tra riserve statali regionali e altre aree tutelate, alle quali vanno aggiunti gli oltre 2.500 siti della Rete Natura 2000.
    Sono solo alcuni dei dati che raccontano una ricchezza senza eguali. E altri ancora potrebbero essere citati. Ma, si sa, un’immagine vale più di cento parole. E l’immagine giusta potrebbe essere proprio la tua!
    Uno scatto per la natura” è un’iniziativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del mare e dell’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani (AFNI).
    Sono previsti premi in materiale fotografico per un valore totale di circa 9.000 euro.
    Le foto più belle, inoltre, saranno pubblicate su Asferico, la rivista ufficiale dell’Afni, e sui canali social del Ministero dell’Ambiente.
    www.unoscattoperlanatura.it

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    #pdv – In sintonia con l’ambiente…di Marco Fredi

    December 2nd, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    In Sintonia con l’ambiente
    Fuggire dalla città, dal quotidiano, e trascorrere qualche ora alla ricerca di un equilibrio con sè stessi, entrando in sintonia con gli spazi naturali. Scattare al ritmo della luce, immergendosi in un mondo piccolissimo fatto di prede e predatori.
     
     
    È ancora buio alle cinque del mattino, ma qualcosa mi sveglia. E’ l’ora giusta perché bisogna essere lì ben prima del sole, mezzora di curve in macchina e poi pochi metri a piedi ma ci siamo.

    Mi metto a terra cercando di occupare meno spazio possibile tra l’equiseto e i carici con gli occhi all’altezza dell’erba e il miracolo avviene: i primi raggi di sole accendono i fili d’erba colmi di rugiada e loro appaiono: loro il piccolo grande mondo incantato delle libellule, delle damigelle e delle farfalle delle zone umide alpine.

    Prima non si vedevano sembrava una distesa verde e basta poi gli occhi entrano in sintonia con le forme e i profili o forse sono loro che come fate prima nascoste da un incantesimo si lasciano guardare.

    1400

    In questo momento non prendo subito la macchina fotografica ma mi fermo per assaporare l’attimo, io uomo cerco di entrare in sintonia con il loro ambiente. Solo poi il desiderio di condividere la bellezza di alcuni attimi mi porta a usare la macchina fotografica che non è il fine della mia giornata, ma un complemento: la ciliegina sulla torta del mio tempo nella natura.

    Ma forse è importante dire che in primavera-estate appena posso scappo dalla città di Brescia e mi rifugio in Alta valle Camonica, il mio spazio rigenerativo ancora ricco di natura anche se continuamente insidiato da quella che chiamano valorizzazione del territorio che si traduce in strade, cemento, alberghi, canalizzazioni.

    Le piccole zone umide alpine: pozze di abbeverata, laghetti e torbiere sono fra tutti gli ambienti i più fragili, perchè esposte al cambiamento climatico e all’inquinamento oltre che alla insensata pulsione umana di prosciugare e sfruttare ogni metro.

    PdV_Fredi1_11Eppure questi ambienti sono scrigni di biodiversità, la casa di creature alate specializzate che solo in un mix di vegetazione acquatica-temperatura e acqua possono vivere.
    Oggi assistiamo a un declino generale in Italia della presenza di insetti e le libellule e le farfalle delle zone umide alpine non fanno eccezione.

    Ma torniamo al nostro laghetto, prima che il sole scaldi le ali di libellule e farfalle e le faccia diventare molto attive, cerco senza disturbare, di cogliere colori luci e atmosfere.
    Gli scarponi ormai sono zuppi e i pantaloni in tela cerata iniziano a scaldare.  Sono le nove di mattina e i contrasti iniziano ad essere troppo forti.
    Ultimamente in uno scatto prediligo il sentimento e l’emozione più che la precisione e il dettaglio e quasi sempre scatto a mano libera forse perché non ho voglia di usare il cavalletto.

    La ricerca della giusta posizione e angolazione ha una grande importanza per ottenere uno sfondo interessante che partecipi con il soggetto allo scatto, ma cerco di farlo senza danneggiare la delicata flora acquatica o spostare il soggetto perchè voglio restare un cercatore di immagini presenti in natura.

    Marco Fredi, Brescia

     


    Marco Fredi
    Fredi_squareVive e lavora a Brescia da sempre appassionato della Natura si avvicina alla fotografia attraverso il  Birdwatching e l’ambiente Lipu. Divide il poco tempo libero fra la fotografia naturalistica e il servizio di guardia ecologica volontaria della regione Lombardia. Guida naturalistica autorizzata della riserva naturale delle Torbiere del Sebino . Cofondatore e membro del consiglio direttivo dell’associazione fotografica Naturalife modera il forum e la pagina FB dell’associazione stessa.  

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    Un calendario per aiutare l’Oasi

    November 28th, 2020

    Realizzare un calendario di natura per sostenere un progetto naturalistico. Questa l’idea della sezione Campania dell’AFNI che devolveranno i proventi dalla vendita del calendario all’Oasi Serre di Persano per la costruzione di un capanno da cui tutti potranno contemplare la meraviglia della Natura.

    cal_AFNICampania2La Natura promuove e sostiene la Natura, questo il concetto che sta alla base dell’operazione della sezione Campania dell’AFNI che ha pensato di raccogliere fondi per l’Oasi di Persano (Sa) attraverso i ricavati dalla vendita di un calendario fotografico.

    Dodici immagini stupende, messe a disposizione dai fotografi AFNI, scattate in Italia e in Europa per mostrare la bellezza unica degli animali.

    Lupi, cervi, uccelli, ritratti in ambienti incontaminati, naturali e selvatici, proprio come Persano, “l’Oasi della lontra”, che nel calendario non poteva mancare!
    L’idea parte da Ciro De Simone, e tutti insieme i soci campani, hanno iniziato a lavorare per realizzarla. Antonella Taddei e Luca Scudiero hanno curato il coordinamento e insieme a Christian Mirra, Salvatore Sepe, Vincenzo Borzacchiello, Vittorio Infante, Nello Petito, Raffaele D’Agostino, Luca Melucci, Rosario Schettino, Carlo Falanga, Marina Guglielmi, Alberto Spisso e Alfonso Roberto Apicella, hanno messo a disposizione una attenta selezione di immagini in grande formato che vanno a comporre l’intero calendario.

    cal_AFNICampania3Il ricavato dalla vendita verrà girato interamente all’Oasi e servirà a costruire un capanno fotografico. Un nuovo punto di osservazione della natura a disposizione di tutti coloro che amano questi luoghi e che potranno ammirare gli animali selvatici (magari anche la rarissima lontra), da questo affaccio.

    La Natura che promuove e sostiene la Natura, per l’appunto.
    Per informazioni e per prenotare il calendario: afni.campania@gmail.com o cirodesimone4@gmail.com

     

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    #pdv – Viaggiare senza partire … di Salvo Orlando

    November 25th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Viaggiare senza partire
    Spesso i fotografi inseguono luoghi lontani e sperduti in cerca di immagini nuove e sensazionali. Salvo ci racconta di come gli stessi luoghi frequentati da una vita, se visti e osservati ogni volta con occhi nuovi, possono rivelarsi magici e fonte infinita di ispirazione.
     
     
    Hoviaggiato per fotografia e per vedere cose che non avrei mai potuto vedere restando a casa, ma ogni volta ne sono tornato arricchito della consapevolezza che la terra dove vivo ha in se piccole perle di bellezza che valgono più di ogni altro viaggio.

    Ci sono state avventure che non avrei potuto vivere se non in posti spettacolari e con la giusta compagnia, ma nella mia terra vago in solitudine per la mia ricerca fotografica.
    Sono tanti anni che fotografo e ho capito che lo spirito giusto per fotografare vicino casa è quello di vedere ogni volta i luoghi come se fosse la prima volta, credo che solo così si riesca ad imparare quante facce della stessa medaglia la natura sa offrirci.


    PdV_Orlando_1_08La fotografia in natura è una continua scoperta che non finisce mai.
    Basta poco per non riuscire a fare la foto che avevo immaginato, ma basta cambiare prospettiva per trasformare una situazione sbagliata nella mia mente, in qualcosa di nuovo e inaspettato.

    Mi incammino per boschi che ho attraversato per anni e non riesco mai ad esserne sazio, trovo sempre che c’è qualcosa di nuovo, i boschi sono vivi, cambiano con le stagioni e con il tempo, nascono nuovi alberi e ne muoiono altri, lì in mezzo poi c’è tutto un ecosistema, sembra che ti osservi.

    Parto di giorno con una nebbia così fitta che a stento mi vedo le punte degli scarponi, un bosco innevato dove le betulle diventano spettri.
    È bellissimo camminare in questo silenzio avvolgente interrotto solo dal leggero fruscio della neve che cade e dal cinguettio di alcune cinciallegre. Mi perdo pur sapendo esattamente dove mi trovo, ma non ho alcuna intenzione di cercare una via. Sono questi i momenti che amo fotografare, difficilmente riesco a trasmettere queste sensazioni, ma è qualcosa che non riesco a controllare, pervade la mente e va oltre il semplice scatto. Improvvisamente mi sento attirato da qualcosa, nella nebbia la vista si confonde e la mente cerca l’ordine nel caos. Quando trovo una chiave di lettura, improvvisamente sento il click e lo scatto é fatto. Questa è stranamente una delle cose che mi riesce con più naturalezza nei posti che conosco, forse si tratta di una forma di sintonia con la natura.

    Poi durante il giorno la nebbia si dirada e inizia a piovere, mi scelgo sempre delle belle giornate per camminare nei boschi, zuppo d’acqua non demordo, so che se non dura per sempre: mi riserverà delle sorprese. Mi dirigo più verso valle, un luogo che conosco, il luogo che raccoglierà tutta quell’acqua che viene giù.

    PdV_Orlando_1_12Sull’Etna ci sono solo torrenti stagionali, si gonfiano d’acqua con le piogge o quando i nevai si sciolgono. Quando arrivo il torrente è in piena, il paesaggio si è trasformato, è un corso d’acqua bellissimo, scorre su un letto di antica roccia basaltica.
    Torno la sera al buio, dove ogni ombra sembra seguirti e ogni rumore da me stesso prodotto sembra non appartenermi.  Poi fra gli alberi scorgo un bagliore, spesso è la luna, ma a volte è il fuoco che arde dentro il vulcano più bello del mondo.

    Salvo Orlando, Catania

     


    Salvo Orlando

    Orlando_square1Nato a Catania nel 1973. Vive ai piedi del vulcano più alto d’Europa dove è iniziata la sua avventura come fotografo.
    Il suo portfolio è concentrato sulle bellezze paesaggistiche e naturali dei luoghi in cui vive, ma comprende anche immagini di alcuni luoghi remoti sparsi per il mondo che lo hanno affascinato.
    La sua ricerca fotografica lo porta spesso ad affrontare impegnativi trekking trascorrendo quasi tutto il suo tempo libero in natura. Salvo ha sempre cercato di ottenere le sue fotografie sul campo, utilizzando le migliori tecniche possibili per ottenere il risultato finale direttamente dalla fotocamera e delegando alla post produzione, un lavoro importante ma più marginale, teso ad ottimizzare la resa senza mai alterarne l’onestà. Ha da sempre scelto un approccio ad una fotografia etica piuttosto che forzatamente spettacolare. Una sua frase che spesso ricorre nella presentazione delle sue immagini è : “Fa che la natura non si accorga del tuo passaggio, lascia i luoghi che fotografi come li hai trovati”.
    Salvo ha collaborato con numerose riviste del settore ed è stato premiato in diversi concorsi internazionali, oltre ad essere rappresentante per alcuni importanti marchi della fotografia.

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    #pdv_Scatti d’anima…di Manuela Gortan

    November 17th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Scatti d’anima
    Il fascino della Natura guida e accompagna Manuela nella ricerca delle orchidee selvatiche. Lungo prati, incolti, nei boschi, ogni incontro si trasforma in magia. La fotografa inquadra e scatta, mentre l’anima vaga nell’universo, alla ricerca di sé stessa. E in questo turbinio di sensazioni, le emozioni si fissano nelle fotografie.

     

    Sono nata in un paesino di montagna al confine con l’Austria e ho trascorso la mia infanzia nei boschi dietro casa, cominciando cosi ad amare e rispettare la natura sin da bambina.
    Una piccola esploratrice incantata da tutto ciò che la natura mi offriva, soffermandomi soprattutto nei piccoli dettagli che pochi notano.

    Crescendo, la vita mi ha portato a percorrere altre strade e ho dovuto abbandonare questa passione che però ho ritrovato tramite alcuni amici del Circolo Fotografico Palmarino, appassionati di fotografia macro. Ed è grazie a loro che da due anni mi sono avvicinata alla fotografia.

    PdV_Gortan_1_03Da questa premessa parte il mio racconto con l’omaggio ad Osoppo, paese in provincia di Udine, conosciuto come il Paese delle orchidee dove ne sono state censite circa 39 specie diverse, tra cui 4 varietà e 4 ibridi.

    Durante il periodo della fioritura, che va principalmente da marzo a giugno, possiamo ammirare queste opere d’arte spontanea su tutto il territorio.
    Dal Forte di Osoppo al Colle di San Rocco, è un susseguirsi, iniziando con le Ophrys, le prime ad aprire le danze a marzo e concludendo lo spettacolo a settembre con la Spirantes Spyralis, l’ultima orchidea che fiorisce in autunno.
    La ricerca è ovunque: nei prati magri, che comprendono sia le praterie xerofile primitive situate in prossimità del Tagliamento, nei magredi evoluti presenti su tutto il territorio, che si distinguono per l’elevata presenza di orchidee, nei prati fertili, che vengono regolarmente sfalciati e nei quali vi è un apporto più o meno consistente di sostanze organiche da parte dell’uomo, nei prati umidi, caratterizzati da una costante e forte contenuto d’acqua nel substrato ed infine le aree boscate.

    Le orchidee sono tanto affascinanti e intelligenti quanto fragili e vulnerabili.

    PdV_Gortan_1_06Oltre ad esaltarne la bellezza, è molto interessante approfondire un p0′ la conoscenza di queste orchidee spontanee che per propagarsi necessitano di condizioni particolari.
    Il loro seme non possiede sostanze nutritive per sostenere il processo della germinazione. Ha bisogno infatti dei funghi minuscoli, i soli da cui può trarre giovamento.
    L’esistenza dei fiori dipende quindi direttamente dalla presenza di questi vegetali, che a loro volta richiedono habitat particolari e incontaminati per riprodursi… funghi e semi raggiungono pertanto una simbiosi perfetta dando vita ad orchidee dalla selvaggia bellezza.
    I semi, molto piccoli e praticamente quasi privi di sostanze di riserva quindi con un tempo vitale limitato, vengono custoditi in capsule e affidano la loro dispersione al vento.

    In quanto esseri viventi, le orchidee tendono a crescere e riprodursi ed è forse proprio qui l’aspetto interessante. Il primo passo che devono effettuare per garantire la riproduzione e quindi la conservazione è l’impollinazione incrociata, che è affidata a molteplici specie di insetti. Hanno bisogno di loro per poter trasportare il polline e li attirano con abili inganni opportunistici.
    La strategia più maliziosa è spettacolare è quella dell’inganno sessuale delle Ophrys dove i maschi degli insetti vengono attirati dal labello che imita il corpo della femmina riproducendo la pelosità, la rotondità e persino quegli impercettibili profumi che emanano come richiamo sessuale.

    Alla fine c’è sempre da imparare dalla natura…
    Il nostro atteggiamento nei confronti delle orchidee per garantire la tutela, è quello di rispettare e proteggere ogni pianta e al massimo… fotografarla… e vi posso garantire che catturarla in una foto da molta più soddisfazione.

    Un tesoro nascosto….per ricordarci che l’uomo è solo una “docile fibra dell’universo” (cit. G.Ungaretti – I fiumi) a lui superiore per vastità, energia e bellezza.

    E così mi incammino tra i sentieri…con la reflex, mia fedele compagna di viaggio, dove perdo la cognizione del tempo; un po’ ammirando e un po’ fotografando, mi immergo completamente nella natura con il corpo e con la mente. Essa riesce a travolgermi di emozioni particolari nell’immensità, che sanno dirmi in silenzio chi sono e cosa cerco. 
    I miei occhi fanno solo da tramite alla mia anima: é lei che vede e percepisce ciò che sento e coglie queste piccole meraviglie per renderle maestose, perché le orchidee spontanee sono esseri prodigiosi, inverosimili, figlie della terra sacra, dell’aria impalpabile e della calda luce.

    Manuela Gortan, Osoppo (Ud)

     


    Manuela Gortan
    Gortan_squareAmante della natura ,dedico il mio tempo libero alla mia grande passione. Autodidatta…fotografo per istinto…Molte riviste hanno pubblicato le mie foto.

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    #pdv_Quando la fotografia diventa libro…di Andrea Izzotti

    November 11th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Quando la fotografia diventa libro
    Assistere a un evento speciale può far scattare nella mente del fotografo il desiderio di raccontare quell’episodio, di condividere la meraviglia con più persone. Ma anche di fissare quel momento sulle pagine di un libro … per sempre. Abbiamo chiesto ad Andrea Izzotti di raccontarci proprio quel particolare momento in cui il fotografo…diventa autore e divulgatore,  perchè la sua esperienza (ormai consolidata) possa essere da esempio per tutti noi.

    Il 26 agosto di quest’anno mi trovavo a bordo dell’imbarcazione Sagittario di Liguria Whale Watching per una escursione di avvistamento cetacei nel santuario Pelagos, un’area per la protezione dei mammiferi marini nel Mediterraneo.

    Poco dopo l’uscita dal porto di Genova è stato visto uno spruzzo a circa quattro miglia al largo. Ci siamo diretti sul punto pensando ad una balenottera comune (animale presente in zona e con un soffio piuttosto alto e quindi visibile da lontano). Con enorme sorpresa abbiamo verificato che si trattava di due megattere, una madre adulta e un esemplare più piccolo, verosimilmente il cucciolo.

    L’eccezionalità dell’evento ci ha portato a seguire gli animali, nel rispetto delle regole di Pelagos, sino all’arrivo dei ricercatori di Menkab, immediatamente avvertiti dello straordinario incontro.
    Gli avvistamenti di megattere nel mediterraneo sono rarissimi e pochissimi quelli documentati fotograficamente.

    pdv_Izotti_1_02Le megattere hanno offerto un comportamento tipico di questa specie, a me ben noto per averle più volte osservate in giro per il mondo, esibendosi, specialmente il piccolo, in una serie di salti che è stato possibile riprendere.

    L’immagine della coda della madre è stata poi inviata per la foto identificazione ai ricercatori di Menkab associazione che lavora a sostegno delle attività di ricerca scientifica e di educazione ambientale dedicate al Mar Mediterraneo. I ricercatori hanno circoscritto l’area di indagine alle specie osservate in Oceano Atlantico (per la colorazione bianca delle pinne pettorali) e l’identificazione ha dato un esito positivo e ugualmente sorprendente: l’esemplare era conosciuto e la precedente foto risaliva al 1984 a Santo Domingo. Sono quindi passati 36 anni e la megattera è stata nuovamente avvistata.

    E’ quindi evidente l’importanza del lavoro dei ricercatori e la continua opera di catalogazione di questa specie che dalla fine degli anni ’60 sta fortunatamente iniziando a ricrescere attestandosi intorno a 80.000 esemplari. Il dibattito scientifico si è aperto su questo incontro veramente inusuale del quale ho avuto l’enorme fortuna di essere testimone.

    Al riguardo ho avuto conferma che il percorso che sto seguendo in questi ultimi anni non può che portare al coinvolgimento di chi guarda le mie immagini, non solo nell’aspetto puramente compositivo e tecnico, ma anche e soprattutto alla tematica della divulgazione. Mi rendo sempre più conto che la mera proibizione non può essere la soluzione.

    Irrogare pene severissime per la distruzione di specie minacciate non fermerà gli autori di queste azioni. E’ necessario un cambio di mentalità che non potrà che coinvolgere le generazioni future. E così quando, come tutti i fotografi naturalisti, ho piacere nel mostrare le mie foto a persone meno esperte della materia, mi sforzo di cogliere le sfumature che più possano far scattare nei grandi e nei più piccoli l’amore per la conservazione e il rispetto per gli abitanti della natura. Così tento di trasmettere la voglia di osservare gli animali liberi ed avvicinarsi in maniera consapevole al mondo naturale.

    Immaginiamo con la fantasia che le megattere siano finite nel Mediterraneo solo per un mero calcolo probabilistico: la popolazione di megattere sta aumentando e così è stato possibile che una coppia di esemplari siano entrate, magari per errore, nello stretto di Gibilterra, per poi, magari riuscire a fare ritorno in Oceano Atlantico. La mia fortuna sarebbe quindi figlia di un aumento del numero di esemplari e quindi l’equazione è semplicissima: più esemplari, maggiori possibilità di avvistamento.

    pdv_Izotti_1_06Ero stato testimone dell’avvistamento delle orche nel porto di Genova, dove, a dicembre 2019 avevano trascorso ben 17 giorni per una veglia funebre a seguito del decesso di un cucciolo della loro specie. Lì sulla massicciata di fronte al porto avevo incontrato appassionati e fotografi, che erano venuti da altre zone di Italia e avevo capito quanta bellezza possa infondere l’emozione di un incontro unico.

    Ugualmente quando sono sulla barca di avvistamento cetacei di Liguria Whale Watching mi piace osservare le reazioni emozionate di chi, per la prima volta, vede saltare un delfino vicino alla barca, o, di chi – più fortunato – ascolta il respiro del capodoglio, dello zifio o della balenottera comune.

    Non si tratta quindi solo di fotografare per avere lo scatto vincente, quanto piuttosto di assorbire quei momenti che gli animali ci stanno regalando e provare a restituirli a chi non era lì con noi, perché venga voglia anche a lui di avvicinarsi al mare per provare la stessa esperienza.

    Questo percorso mi ha portato a scrivere il mio primo libro “Racconti dal blu e altri colori”, tentando di descrivere a parole le emozioni della fotografia nei miei viaggi, senza utilizzare immagini. Molti sono rimasti spiazzati nel non vedere un libro di fotografia corredato da fotografie, ma altri mi hanno detto che non c’era bisogno di far vedere le foto, era sufficiente il racconto.
    La vicenda delle orche mi ha invece ispirato una storia, protagonista la madre del piccolo. In “Zena, storia di un orca”, ho provato a portare il lettore in acqua insieme alle orche e anche in questo caso non ho utilizzato mie fotografie, ma illustrazioni di un artista messicano, Francisco Caamaño.

    Alla luce del percorso di cui ho parlato ho fatto recentemente partire una collana “nati per essere liberi” di libri fotografici, quasi dei quaderni di foto con sola didascalia e una breve pagina introduttiva, a costo contenuto per proseguire proprio in questa percorso di divulgazione.

    Le ultime tre pagine di questi quaderni sono bianche. Mi piace immaginare che chi li acquista li possa completare, con proprie immagini o con propri pensieri, creando così un libro unico per ogni copia.

    A tutti i fotografi, certo, fa piacere l’elogio, la pubblicazione, l’apprezzamento sui social, ma guardando le immagini che vengono pubblicate sui social media noto che la motivazione principale sia proprio quella di “far vedere” l’animale e la natura. Non è ovviamente un discorso che riguarda tutti, ci sono le eccezioni, come in tutte le cose, ma la grande maggioranza dei fotografi naturalisti mostra le proprie foto anche per divulgare.

    pdv_Izotti_1_08Io del resto, che sono un fotografo autodidatta, ho imparato tantissimo osservando gli scatti degli altri e continuo a studiarli e a trarre ispirazione.

    Chissà, magari nei prossimi anni sarà nuovamente possibile vedere le megattere nel Mar Mediterraneo, per me è già bellissimo vedere papà e mamma umani che portano i propri figli “a vedere le balene”.

    Ci vorranno magari due o tre generazioni ma mi auguro con tutto il cuore che quelle successive possano guardare al passato non solo vergognandosi per le nostre condotte, quanto piuttosto per ricordare il periodo del cambiamento del rapporto tra l’uomo, la natura e gli animali.

    Andrea Izzotti, Genova

     


    Andrea Izzotti
    Izzotti_squareun libero professionista e fotografo. Cacciatore di emozioni, appassionato di viaggi e natura ha visitato alcuni tra i luoghi più remoti del pianeta. Le sue fotografie sono state pubblicate su libri e riviste e ha esposto in Italia e all’estero. Tra i premi da lui vinti il National Geographic Italia 2011 e Asferico Photocontest 2019.

    Pubblicazioni:

    Zena, storia di un’orca
    Racconti dal blu e altri colori
    Nati per essere liberi (libri fotografici con uscite settimanali)
    Delfini, zifi e orche
    Balene, megattere e balenottere
    Squali, predatori incompresi
    Capodogli, placidi e maestosi

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    #pdv_Un tuffo nel giallo…di Davide Demaio

    November 4th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Un tuffo nel giallo
    L’occasione di rivalutare la Natura più semplice immergendosi nella fioritura spontanea dei ranuncoli che crescono liberi nel terreno dietro casa. Perchè no? In quella distesa di fiori che si vede nella prima immagine della galleria, c’è un micromondo di farfalle e coleotteri, mosche e api impegnati a vivere il quotidiano fatto di prede, predatori e impollinatori…   

    Nella vita faccio il rappresentante e da anni le parole più ricorrenti sono correre, fatturare, budget, clienti.

    Le mie piccole valvole di sfogo sono sempre state le uscite fotografiche e le passeggiate nei boschi alla ricerca di funghi.
    Ho la fortuna di abitare in campagna sulle colline marchigiane, a Castelbellino, uno dei Castelli di Jesi da cui proviene il famoso vino Verdicchio.

    PdV_Demaio_1_01Dal 10 marzo di quest’anno ecco accadere l’inattesa e brusca frenata della mia corsa.

    Tutti a casa. E adesso?…bene prendo la lista delle cose da fare a casa e in giardino e parto con i lavori e finalmente mi godo la famiglia e comincio a scoprire e ad apprezzare la bellezza delle piccole cose che mi circondano. Come accadde quando cominciai ad appassionarmi alla macrofotografia naturalistica, ad un tratto decido di abbassare lo sguardo e scoprire tanti micromondi in ogni piccolo fazzoletto di terra che trovo davanti.

    La capacità di osservare il piccolo, il particolare cresce di pari passo al rispetto verso la natura e le sue creature, dalle più grandi alle più piccole.

    Accanto a casa mia c’è un terreno incolto dove il contadino solo due volte l’anno taglia l’erba per tenerlo pulito, é il mio orto biologico personale pieno di ottime erbe che crescono spontaneamente.

    C’è un angolo di fiorellini gialli che ogni anno vedevo e che non avevo mai preso in considerazione per degli scatti fotografici. In questo periodo normalmente preferivo fotografare le orchidee spontanee.

    Tornavo spesso sul Gargano, paradiso italiano delle orchidee spontanee e mia terra d’origine, poi con amici appassionati di macrofotografia si andava in giro per le Marche, facevamo tanti chilometri per fotografare qualche specie particolare di orchidea.

    Spesso cerchiamo in posti lontani la bellezza o le emozioni, ma se ci guardiamo intorno riusciamo a trovarle  anche  vicino a noi e di altrettanto valore.

    Quest’anno grazie a questa iniziativa dell’Afni “Natura da Casa”, ho dedicato un piccolo lavoro ai fiorellini gialli snobbati fino a ieri.

    PdV_Demaio_1_06Si tratta di un angolo di campo di circa 100mq pieno di Ranunculus tuberosus, non commestibili, anzi tossici per l’uomo, migliaia di piantine gialle che generano un piccolo ecosistema dove trovano casa coccinelle, coleotteri, farfalle e tanti altri insetti.

    Purtroppo il giorno dopo i miei scatti, il contadino ha deciso di tagliare l’erba, gli abitanti di quel micromondo sono spariti, avranno trovato altri rifugi. I Ranunculus tuberosus hanno perso tutta la parte aerea della pianta ma, come si evince dal nome, il tubero, la loro anima, resta al sicuro sottoterra, nella sua casa, pronto per rinforzarsi, duplicarsi e rinascere l’anno prossimo ancora più vigorosi e numerosi.

    Anche a noi il virus ha tagliato le nostre uscite, i nostri rami relazionali, le nostre abitudini, ma la speranza è che anche tutti noi, restando a casa, riusciamo a rinforzarci dentro, nel nostro bulbo, nella nostra anima, e a rinascere più rigogliosi, più accoglienti e più rispettosi di prima.
    In bocca al lupo a tutti e buona luce

    Davide Demaio, Castelbellino, Jesi

     


    Davide Demaio
    Demaio_squareclasse  1974, si approccia alla fotografia nel 2013 frequentando il Circolo fotografico M.Ferretti di Jesi. Si appassiona alla fotografia macro e naturalistica  partecipando alle iniziative del gruppo macro e natura del circolo jesino. Partecipa come autore a diverse mostre collettive.

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    Il Cambiamento – A Parma la mostra di Michele Mendi

    November 3rd, 2020

    Prosegue fino al 31 dicembre nonostante il lockdown, la mostra di Michele Mendi, allestita e visitabile all’aperto, a Parma. Ce la racconta in una breve nota Andrea Mazza (Lipu – Ufficio Stampa, Ali e sito web).

    Mendi20_09Un breve ma intenso viaggio per conoscere alcune meravigliose specie di uccelli presenti nel territorio della provincia parmense, dal Po alla città di Parma fino alle vette dell’Appennino.
    E’ quanto propone la mostra fotografica di Michele Mendi, allestita sotto i Portici del Grano, nella centralissima Piazza Garibaldi a Parma, e organizzata dalla Lipu con il sostegno del Comune di Parma nell’ambito delle iniziative di Parma Capitale della Cultura 2020.

    Sono 23 le specie ritratte da Michele Mendi, dal falco cuculo all’albanella reale, dalla ghiandaia marina all’aquila reale, dal falco pellegrino all’avocetta, e raccontate in una chiave narrativa che è, prima di tutto, naturalistica ma anche relazionale, sociale, culturale e storica.

    Mendi20_04Il filo conduttore è il cambiamento, o meglio i cambiamenti: “quelli obbligati dagli eventi innaturali determinati dalla pressione insostenibile di certe azioni umane – si legge nella presentazione della mostra – O quelli che dobbiamo mettere in atto per trasformare in senso ecologico le nostre pratiche ed avviare un nuovo percorso dell’umanità che possa finalmente stabilire, con la natura, una relazione armonica e rispettosa”.

    La mostra, gratuita e accessibile in qualunque momento della giornata direttamente da Piazza Garibaldi, è aperta fino al 31 dicembre di quest’anno.

     
    Michele Mendi
    Mendi_squareRiconosciuto come ‘il fotografo delle aquile’, Mendi ricopre il ruolo di Consigliere Lipu e delegato di Lipu Parma (Lega Italiana Protezione Uccelli). Ha partecipato a numerosi concorsi fotografici guadagnandosi diversi riconoscimenti fra cui il secondo piazzamento al Bird Photographer of the Year del 2013. Mendi però non è particolarmente legato ai riconoscimenti, quanto al messaggio che cerca di trasmettere: “Per me la più grande soddisfazione è vedere che il messaggio è piaciuto, non il premio, il titolo o il concorso in sè. Non ho la pretesa di essere un punto di riferimento”.
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    #pdv_Sogno Siberiano…di Maura Potì

    October 28th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Sogno Siberiano
    Un viaggio desiderato a lungo e vissuto con profondo piacere, ma il suo ricordo si è come “congelato” di fronte al ritorno alla realtà difficile della clausura. Le emozioni sono rimaste sospese a mezz’aria nella mente di Maura che solo a distanza di mesi è riuscita a rielaborare quei ricordi.     
     

    Per presentarmi, comincio dal mio ultimo viaggio in Siberia, e c’è una ragione precisa: quando il mio gruppo si apprestava a partire da Roma, molti aeroporti italiani ed esteri decidevano di chiudere come misura di contenimento del covid e l’8 marzo (il giorno del nostro rientro in patria) l’Italia entrava ufficialmente in lockdown.

    PdV_Poti_1_16Questa premessa è necessaria per entrare nello stato d’animo che ci ha accompagnati durante l’intero viaggio, in una dimensione surreale, in un mondo parallelo di incosciente beatitudine, di tanto in tanto raggiunto dall’eco di quel che stava accadendo in tutto il pianeta.

    Il ritorno, di contro, è stato drammatico, tanto da farmi percepire quel viaggio fantastico come se lo avessi sognato, quella terra così lontana, ancora più remota, con quei suoi spazi sconfinati, quel bianco abbacinante, quei colori sfumati, quelle atmosfere oniriche, in netto contrasto con la nuova lunga prigione in solitudine che mi aspettava tra le mura di casa.
    A distanza di sei mesi riesco solo ora a ripercorrere le tappe del viaggio, permettendo ai ricordi di affiorare con tutte le sensazioni che spero di riuscire a trasmettere con questa selezione.

     
     

    Quel che più resta vivo dell’esperienza lungo quel tratto di Siberia, oltre agli spazi sconfinati della tundra, di un bianco abbacinante, è il sorprendente lastrone di ghiaccio blu in cui da gennaio a marzo si trasforma il lago di Bajkal, la maggiore riserva di acqua dolce della terra.


    Ricordo il primo giorno che misi piede su quel lastrone, già stupita del tragitto a bordo di un hovercraft (aeroscafo sostentato da un cuscinetto d’aria e spinto da una grossa ventola) che ci permetteva di attraversare il lago come fossimo in una dimensione parallela (il ghiaccio è in grado di sopportare pesi enormi, compresi veicoli di 15 tonnellate).

    Quello che si presenta subito è una distesa a perdita d’occhio di ghiaccio attraversata da linee e fenditure che si intrecciano in una fitta ragnatela, facendo apparire il lago come un immenso specchio in procinto di rompersi.

    PdV_Poti_1_07E in effetti lungo i primi metri si trattiene letteralmente il fiato, il lago ghiacciato sotto i piedi sgomenta, anche perchè le numerose crepe che di tanto in tanto si aprono, a causa del continuo movimento del lago, provocano dei veri e propri boati. Ma l’anima dell’esploratore ha ben presto il sopravvento e ci si addentra senza troppa difficoltà.

    Si cammina indossando ramponi per evitare di scivolare e la sensazione è davvero unica: a volte, la trasparenza è interrotta da bolle imprigionate nel ghiaccio, alcune perfettamente geometriche, altre dalle bizzarre forme antropomorfe, tanto da trascinarti in un mondo immaginario di creature che sembrano vivere di vita propria.

    Spesso si avvertono, al passaggio, sinistri rumori provenienti dagli abissi, come fossero abitati, e in realtà lo sono, considerando che pesci e piante proseguono la propria esistenza, noncuranti di quel che avviene al di sopra dello spesso strato di ghiaccio.

    PdV_Poti_1_02Durante i trasferimenti in auto sull’isola di Olkhon, lunga circa settanta chilometri, si attraversano paesaggi diversi, dalle stupefacenti grotte ricche di stalattiti, stalagmiti e cristalli di neve dalle meravigliose composizioni, a vere e proprie sculture di ghiaccio lavorate dal vento che fanno somigliare le rocce ad enormi candelotti, a quello che abbiamo battezzato “il cimitero di ghiaccio”, un’immensa estensione di lastroni trasparenti come cristalli di rocca, in strati sovrapposti ad altri coperti di galaverna, in un’atmosfera rarefatta che invita ad addentrarsi in solitudine, anche a rischio di perdersi, nella mancanza quasi totale di punti di riferimento. Si cammina in silenzio, senza un orizzonte definito, in una sorta di rapimento estatico.

    La strada del ritorno, da Khuzir ad Irkutsk, sebbene attraversi un paesaggio sicuramente più antropizzato, conserva il fascino della tundra siberiana, dove il bianco, quando non resta immacolato, si colora di molte sfumature, assumendole dall’azzurro del cielo, da un timido raggio di sole o dalle piante su cui si posa la magica galaverna, tenendoci ancora avvolti in quell’atmosfera di sogno da cui ci sveglieremo bruscamente soltanto in Italia.

    Maura Potì, Bari

     


    Maura Potì

    Poti_squareNata a Brindisi, dopo una decina d’anni vissuti tra Firenze e Napoli, si trasferisce a Bari dove tuttora vive più o meno stabilmente. Il passaggio dalla fotografia analogica, orientata quasi esclusivamente ai rilievi tecnici, a quella digitale, è stato un processo graduale e piuttosto discontinuo, fino all’esplosione di una vera e propria passione per la fotografia del paesaggio. E’ una giramondo e trae gran parte della sua ispirazione dai viaggi che affronta sempre con lo spirito dell’esploratore.

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    #pdv_Cronaca del lockdown…di Enrico Crescentini

    October 20th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Cronaca del lockdown
    La clausura, periodo orribile che di buono (forse) ci ha offerto il tempo per poter fare una riflessione sul nostro quotidiano. Così, giorno dopo giorno, la mente si apre a nuovi stimoli e il fotografo si reinventa, mentre l’uomo scopre un nuovo rapporto con la propria figlia. Un racconto molto personale, che Enrico, inguaribile ottimista, ha voluto condividere con noi!
     
    Imedia passano continuamente notizie devastanti, ci comunicano che è un momento transitorio, seppur orrendo, e noi cerchiamo di fare la nostra parte. Restiamo a casa, per noi e per gli altri.
    Bisogna rimanere distanti dai nostri affetti, non è semplice, ma lo facciamo anche per loro e per i nostri amici più deboli.

    E’ ancora inverno, quando tutto ha avuto inizio inizio, ma l’inverno si allontana e lascia spazio alla primavera. Sì, è tempo di cambiamento e sarà così anche per questo bruttissimo momento; anche lui sta cambiando, raggiungendo la sua fase di picco per poi finire, al più presto…andrà tutto bene.

    PdV_Crescentini_1_04Stanchi di queste brutte notizie spegniamo le televisioni e ci spostiamo sui balconi, fuori la primavera avanza e la Natura, ignara di tutto quello che sta succedendo, continua il suo corso. Aperta la finestra non si può rimanere indifferenti, le strade sono deserte e i canti degli uccelli riescono finalmente a vincere l’incessante inquinamento acustico che attanaglia le grandi città. Anche chi non è un amante della Natura o semplicemente non ne aveva mai prestato attenzione, in questi giorni non può evitare di notarlo ed è una splendida melodia. Anche gli alberi stanno cambiando, si sono vestiti di foglie, gemme e splendidi fiori, gli insetti ne approfittano e di loro gli uccelli, indaffarati nel corteggiarsi amorevolmente in vista della nidificazione.

    Noi siamo “fotografi”, non ci basta vivere queste splendide emozioni da soli, non le vogliamo tenere egoisticamente nel nostro cuore, amiamo immortalarle nei sensori delle nostre reflex, congelarle nelle nostre card, per poi condividerle con i nostri amici, per mostrarle a chi non ne ha avuto la fortuna o la possibilità e scioglierci con loro rivivendo l’attimo dello scatto e la storia che lo ha accompagnato.

    E così sfruttiamo questo momento per catapultarci in questo fantastico mondo Naturale che ci abbraccia anche quando siamo a casa.
    Ognuno con le sue emozioni e sensazioni approfondisce la tecnica fotografica che più lo aggrada per disegnare sul sensore un particolare del mondo che lo chiama, sia esso vegetale, animale o il micromondo.

    Io in questi giorni mi sto divertendo con mia figlia a cercare forme di vita sul balcone, appena troviamo qualche piccolo insetto ci organizziamo con i nostri mezzi, io con la reflex e lei con il suo tablet per fargli un piccolo servizio fotografico, sempre se il nostro nuovo amico ce lo vuole concedere. Se poi, come spesso accade, non conosciamo bene il nome o le caratteristiche del nostro nuovo ospite, facciamo insieme una piccola ricerca ed ecco che tutto questo tempo che abbiamo per stare in casa, diventa prezioso per poter imparare cose nuove…

    Nel brutto di questa situazione, sono comunque contento di poter finalmente trascorrere un po’ più di tempo insieme a mia figlia, ed è davvero emozionante vedere la curiosità nei suoi occhi quando esploriamo insieme il mondo che ci circonda.

    PdV_Crescentini_1_01Ogni nuovo incontro però diventa anche un momento per trasmetterle come approcciarsi alla Natura, cercando di osservarla a distanza e con discrezione, per godere del momento senza possibilmente entrare nella scena o disturbare. Ed è così che spesso prendiamo il binocolo e la guida al riconoscimento degli uccelli e ci divertiamo insieme, come in un gioco, a vedere chi avvista prima un uccellino sui rami degli alberi o sui tetti dei vicini.
    Abbiamo incontrato anche diversi insetti e rivedendoli “zoomati” dopo qualche scatto con obiettivo macro, ci siamo divertiti a fantasticare sui loro buffi o inusuali dettagli. Anche loro ci hanno insegnato tanto, ed ammirando il loro comportamento abbiamo cercato di capire le reazioni di quei piccoli animali alla nostra presenza.

    In questo periodo così surreale, finalmente tutto si è un po’ rallentato, la frenetica vita quotidiana si è dovuta fermare, abbiamo quindi tempo di ascoltare, abbiamo tempo per pensare e forse capire che non siamo soli, che facciamo parte di un magnifico mondo Naturale. Ne facciamo parte, non ne siamo a capo, siamo solo un tassello di tutto il sistema, ma un tassello importante. Sì siamo un anello fondamentale della catena, perchè ogni nostra azione può avere degli effetti immensi nel ciclo vitale. Basti solo pensare alla situazione attuale e alla zoonosi che ha portato al Covid19. E non è stato neppure il primo caso, c’è stata la Sars, l’influenza suina, ma ancora non ci siamo fermati a riflettere.

    Questo periodo di “isolamento”, se così lo vogliamo chiamare, spero ci renda tutti un po’ più consapevoli.
    Consapevoli che ogni azione che abbiamo fatto e che faremo avrà delle conseguenze: resta a noi cercare di adoperarci per far sì che il futuro sia migliore, per noi e per la Natura di cui facciamo parte.

    Enrico Crescentini, Pesaro

     


    Enrico Crescentini
     
    UgoP_squareClasse 1979, ha partecipato al suo primo campeggio all’età di 3 anni. Sin dall’infanzia la passione per la Natura ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella sua crescita. Innamorato della Vita, dedica gran parte del tempo libero all’osservazione della fauna selvatica ed ancora più spesso alle sue tracce e all’ambiente in cui vive. L’avvicinamento alla fotografia è stato un percorso graduale ed inevitabile perché, dice, è lo splendido strumento che gli permette di vivere e condividere la bellezza del mondo che ci ospita e le emozioni provate in natura.

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    #pdv_Il nido in una cassetta…di Paolo Ugo

    October 14th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Il nido in una cassetta 
    Costruire nidi, allestire mangiatoie e collocarli nei nostri giardini, dona a noi una sensazione piacevole particolare che Paolo ha deciso di raccontare. E questo benessere interiore è arricchito dal bene che possiamo fare ai piccoli pennuti del giardino con questi gesti. Con il cibo giusto li aiutiamo concretamente a superare l’inverno e i nidi in primavera, se ben costruiti, aumentano le possibilità di vederli aumentare nel tempo.
     
    Quando anni fa sono finalmente riuscito a traslocare in una casa con po’ di giardino, una delle prime cose che ho fatto è stata installare una mangiatoia ed una cassetta-nido per i miei amici uccelli.
    Mi trasferivo dal centro di Mestre, area non propriamente molto verde, ad una zona della cintura urbana situata non lontano dal boschetto di Carpenedo, un piccolo residuo di querco-carpineto boreo italico, miracolosamente sopravvissuto all’urbanizzazione incontrollata, anche se, ancor oggi, minacciato da insani progetti di lottizzazione.
    La posizione della mia nuova casa, mi faceva sperare di ricevere la visita di qualche specie in più della passera d’Italia, allora diffusa ovunque.

    Complice un inverno particolarmente freddo, con abbondante neve anche in pianura, la mangiatoia è diventata subito un punto di riferimento per pettirossi, verdoni, cince, merli e storni, a cui si sono uniti a volte lucherini e cardellini. Arrivavano numerosi anche le passere d’Italia, cui allora nessuno badava; ora, che sono purtroppo diventati una rarità, darei non so cosa per rivederli nel mio giardino!

    PdV_UgoP_1_05In un recente inverno, sempre dopo un’abbondante nevicata, è arrivato anche lo sparviere che ha catturato un merlo: una scena da “wild Mestre”!

    Se la mangiatoia, complice la fame, ha avuto immediato successo, prima che la cassetta-nido diventasse abitata c’è voluto più tempo, e la prima nidificazione di cinciallegra e avvenuta solo un paio di anni dopo l’installazione.
    La scelta del nido è un affare serio, come per noi trovare o cambiare casa: bisogna sentirsi sicuri e protetti, deve piacere ed essere adatta, meglio se con qualche fonte alimentare (leggi mangiatoia) nelle vicinanze.

    La cassetta che ho predisposto e la tranquillità del mio giardino (nonostante i numerosi gatti di passaggio) hanno evidentemente incontrato il gusto delle cinciallegre che da allora, ogni anno mi allietano con due o, addirittura tre covate.

    Le piccole cinciallegre nate qui penso che abbiano ormai superato la sessantina. Teniamo presente che le leggi della natura sono dure e implacabili e solo poche di queste piccole cince uscite dalla cassetta-nido, abbiano raggiunto la maturità riproduttiva, ma, in ogni caso, un bel po’ delle cinciallegre che girano oggi per il quartiere devono aver visto la luce nel mio piccolo giardino…..Il contraccambio, nel periodo di lock-down causa Covid-19 è stato quello di poter continuare a godermi un po’ di natura semplicemente guardando fuori dalla finestra di cucina!

    PdV_UgoP_1_11Come la scelta della mangiatoia ed il cibo che ci si mette determinano la tipologia delle specie e la numerosità degli uccelli che la frequentano, così la progettazione e collocazione della cassetta-nido ne determina il successo.
    Una cassetta-nido per cinciallegre deve avere determinate caratteristiche: foro d’ingresso circolare con diametro di 3 cm; un foro più grande renderebbe la cassetta accessibile ad uccelli più grossi come gli storni ed aumenterebbe le possibilità di predazione dei nidiacei da parte di cornacchie, gazze e ghiandaie.
    Il foro d’ingresso deve essere a 17 cm dal fondo: un altezza inferiore può far sì che i pulcini possano uscire dal nido prima di essere pronti per l’involo. Per chi vuol costruirsi la cassetta-nido in casa, allego un semplice disegno.

    Per chi non ama il bricolage, può acquistarne una già pronta: io consiglio quelle della LIPU, fatte secondo i sacrosanti crismi ed il cui acquisto aiuta l’associazione, da sempre impegnata nella tutela del patrimonio avifaunistico e naturalistico italiano.

    PdV_UgoP_1_04E’ importante collocare la cassetta ad una altezza di almeno un paio di metri da terra; la mia è fissata a ca. 3 m su un albero intorno al cui tronco, a ca. 1 m, ho messo in orizzontale una rete metallica che impedisce ai gatti di potersi arrampicare.
    In autunno, attraverso uno sportello di accesso opportunamente predisposto, la cassetta va pulita rimuovendo tutto il contenuto e disinfettando l’interno con alcol denaturato per eliminare parassiti ed altri possibili agenti nocivi.

    Faccio notare che è importante curare la pulizia dei nidi artificiali e delle mangiatoie che altrimenti possono diventare sito di sviluppo di patogeni come la Salmonella, che potrebbe infettare ed uccidere i nostri amici pennuti.

    Armatevi di tanta pazienza e passione e buon “birdgardening”!

    Paolo Ugo, Mestre

     


    Paolo Ugo
     
    UgoP_squareSi occupa di protezione ambientale e fotografia naturalistica da più di trent’anni.
    Socio AFNI dalla fondazione (1989), è stato responsabile della sezione Veneto e membro del Consiglio Direttivo.
    Autore di servizi fotografici per riviste del settore naturalistico, ha contribuito con testi e immagini a numerose volumi e pubblicazioni di carattere fotografico-ambientalistico.

    icoweb

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    #pdv_Aracno-mondo dentro casa…di Simone Giachello

    October 6th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Aracno-mondo dentro casa
    L’impossibilità di uscire non ha limitato la creatività di Simone Giachello, che armato di pazienza e tanta curiosità, durante il periodo del confinamento ha recensito tutti i ragni che ha trovato dentro la sua casa, andandoli a scovare proprio ovunque. Le sue conoscenze in materia lo hanno guidato in questa singolare caccia al tesoro, che è diventata un progetto unico e molto interessante!
     
    In questi ultimi mesi di reclusione siamo stati costretti a passare quasi la totalità del nostro tempo tra le mura domestiche.
    Alcuni si sono adattati bene, altri un po’ meno… Io faccio parte degli “un po’ meno”.
    Per una persona abituata a trascorrere buona parte del suo tempo libero immerso nella natura, il lockdown è una condizione che fa male. Dopo le prime settimane di sconforto però ho cercato di farmi coraggio cominciando a riflettere su come poter alleggerire la situazione.
    PdV_Giachello_1_01

    Presto mi sono ricordato di essere sempre stato un gran sostenitore della fotografia a chilometro zero e mi sono subito reso conto che, in realtà, non avevo mai fotografato nulla senza muovermi da casa.Fresco di laurea in scienze naturali sono ben consapevole della biodiversità che le nostre abitazioni ospitano, anche se spesso, nella frenesia della vita quotidiana, questa passa inosservata.

    Così mi sono autoimposto di riscoprire l’ambiente domestico con occhi diversi, di immaginarmelo come un nuovo mondo da scoprire, proprio come quando, per la prima volta, esplori un sentiero di montagna che non avevi mai percorso. Una breve ricognizione nelle varie stanze e in cortile mi ha convinto a focalizzarmi sui ragni.

    Nonostante sia sempre stato affascinato da questi aracnidi non ho mai dedicato loro l’attenzione che si meritano.
    I ragni infatti, seppur siano animali spesso mal tollerati, sono predatori particolarmente interessanti, dalle caratteristiche uniche, capaci di colonizzare quasi tutti gli ambienti terrestri del pianeta. Il progetto aracnologico nasce quindi con l’intento primario di documentare alcune delle specie di ragno più comuni con le quali ogni giorno condividiamo i nostri spazi, nel tentativo di valorizzare una biodiversità spesso trascurata.

    Ho iniziato quindi a esaminare ogni piccolo animale in movimento, tutto ciò che aveva 8 zampe veniva catturato temporaneamente in un contenitore per poi essere fotografato con una lente macro su uno sfondo bianco. Nelle mie immagini ho cercato di risaltare i colori e le morfologie di ciascun esemplare, fotografandolo da 3 diverse angolazioni (dorsale, frontale, laterale), al fine di ottenere una visione complessiva chiara e dettagliata del ragno.

    PdV_Giachello_1_07Alle ore trascorse dietro la reflex sono da aggiungere quelle, a mio avviso più divertenti, passate alla ricerca delle varie specie che occupano i diversi microhabitat dell’abitazione e del piccolo cortile. Ogni giorno ho osservato i Folcidi, tra le travi in legno del soffitto, gli Araneidi e i Linifidi sulle loro tele nel rosmarino, i Salticidi cacciare attivamente sul falso gelsomino, i ragni granchio attendere le loro prede in agguato sui fili d’erba, Steatoda triangulosa uscire la notte a nutrirsi delle prede intrappolate nella sua ragnatela e molto altro ancora.

    Insomma, la quarantena mi ha permesso di prestare più attenzione a un micromondo che è sempre stato lì ma finora era rimasto, in buona parte, nascosto sotto il mio naso.
    Infine, parlando di numeri, il progetto si è concluso con una checklist contenente almeno 35 specie differenti, appartenenti a 17 famiglie diverse, trovate nel periodo tra il 6 e il 26 Aprile.

     

    Simone Giachello, Milano

     


    Simone Giachello
    Nato e cresciuto a Milano, l’adolescenza trascorsa in città, accrescendo la passione per la natura attraverso libri e documentari. Dopo essersi iscritto a Scienze Naturali ha cominciato a esplorare la Brianza e le Prealpi, accorgendosi immediatamente di qualcosa di molto ovvio: la natura è ovunque, non solo nella foresta amazzonica o nella savana africana. Sorpreso e estasiato dalle sue scoperte, ha comprato la prima reflex nel tentativo di immortalare la bellezza di un mondo naturale a lui sconosciuto.
    Durante gli anni universitari ha maturato una sempre più forte attrazione per la cosiddetta “fauna minore”; rettili, anfibi e artropodi sono gli animali su cui ha concentrato i suoi studi e i soggetti che più ama fotografare. 
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    #pdv_Quell’incontro inatteso…di Maria Teresa Matarrese

    September 30th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    Quell’incontro inatteso
    Basta guardarsi attorno e la natura si manifesta, proprio come è successo a Maria Teresa che, la scorsa primavera ha ospitato per pochi minuti (che sono sembrati lunghissimi) un migratore sul suo balcone! La sorpresa è stata tanta e dopo l’avvistamento è nata una ricerca per capire di “chi” si trattava e per quale motivo si fosse spinto fino a lì.
     
    Scrivo questo articolo per condividere un episodio che ho felicemente vissuto giorni fa, stando a casa.

    Abito a Bari, in una zona densamente popolata, quasi centrale, al sesto e ultimo piano di un normale palazzo di città.

    pdv_Matarrese_1_03Come fotografa naturalista, non ho la tecnica e la conoscenza di vari bravissimi soci AFNI che ho avuto il piacere di conoscere e apprezzare.  Ho notato che la maggior parte di essi, si impegnano tantissimo a fotografare uccelli presenti in vari ambienti, dai boschi alle zone umide, tanto da definirli veri e propri cacciatori…ma di immagini. Ritengo che il soggetto “bipede” sia tra i più difficili e personalmente ho fotografato solo gabbiani e per giunta alle Tremiti, dove loro sono di casa.

    Perché preciso tutto questo?…perché una mattina della scorsa primavera apro la porta del balcone e noto uno strano uccello, stranissimo…poco più piccolo di un piccione…Mi sposto in un’altra stanza e incantata, riesco a guardarlo mentre gli scatto velocemente alcune foto.

    Aveva delle zampe bizzarre, gli occhi cerchiati di rosso, artigli lunghi e si arrampicava sulla zanzariera quasi volesse entrare in casa. Io ero eccitatissima: potevo fotografare anch’io un uccello e mostrare lo scatto agli arditi soci AFNI, tra l’altro era vicinissimo e non sembrava volesse andar via. 
    Mentre pensavo tutto questo, una gioia infinita mi riempiva l’anima e il petto si espandeva molto più che dopo una lezione di yoga: casualmente e chissà perché, una strana creatura, arrivata dal cielo, era  da me, a casa mia.
    Era reale, non stavo vedendo un video o un post su Facebook,

    Finalmente qualcosa smuoveva il “piattume” di giornate vissute in casa: qualcosa di nuovo, che sapeva di vita, di libertà era lì, sul mio balcone.

    Mentre cercavo una postazione diversa per fotografarlo meglio, mia figlia, incuriosita, gli si avvicina. 
    Quella si spaventa, si arrampica sulla rete e spicca un volo planando, poi, lentamente, verso il basso, nel cortile interno……fine del sogno!

    Tuoni, fulmini e saette su mia figlia, avrei tenuto con me quella creatura per sempre, non sarei più uscita sul balcone per non infastidirla…….eeeeeeh, mi accorgo di essere in grande sofferenza! Come potevo mai bloccare un uccello? 
    Certo, mi sembrava avesse qualche problema, forse avrei potuto guarirlo. Non so. 

    pdv_Matarrese_1_02Volevo sapere cosa fosse e ho inviato le foto, non bellissime, sia agli amici “AFNI, sia ai miei amici di “Terre del Mediterraneo”, alcuni dei quali esperti ornitologi. 

    Meraviglia delle meraviglie, era una schiribilla. Sono stata tutto il pomeriggio a “messaggiare” con amici, tutti che si complimentavano con me, neanche avessi vinto le olimpiadi. La schiribilla,  “dai piedi formidabili!!! Una meraviglia dell’evoluzione” precisa Fabrizio Cillo e aggiunge: “nel caso di questi uccelli della famiglia dei rallidi, le dita dei piedi sono enormemente sviluppate per permettere il movimento in zone paludose, sfruttando l’appiglio alle canne o l’appoggio su vegetazione semi-immersa, senza mai affondare pur vivendo nidificando e alimentandosi in ambiente acquatico”.

    E quindi, come mai è giunta sul mio balcone? Un amico, esperto ornitologo, Anthony Green, mi comunica: “non più di cento anni fa, tutte le zone di Bari erano campi umidi perfetti per loro. Magari hanno nel DNA che casa tua era un posto dove si mangia divinamente…
    Inoltre tutta la costa era fatta di zone umide una dietro l’altra, per cui quando si stancavano in volo, potevano fermarsi quando gli pareva.  Adesso non più. Metti le due cose insieme e trovi schiribille stanche con un DNA non aggiornato all’urbanistica moderna e ai prosciugamenti delle zone umide, che cercano una casa dove si sa che la cucina è ottima
    ”….e vabbè!

    Grazie schiribilla, creatura sino a quel giorno a me ignota, grazie per aver dato luce alla mia giornata e ampliato le mie conoscenze. Spero tu abbia continuato il tuo viaggio e raggiunto la meta.  

    Maria Teresa Matarrese, Bari

     


    Maria Teresa Matarrese
    Nata e vissuta a Bari, felicemente in pensione. Sin da piccola ha l’hobby della fotografia, a dieci anni possedeva già la sua “Minicomet” immancabilmente con rullino in bianco e nero. “L’hobby, unito all’amore per tutto ciò che è Natura, è diventato passione e tra uno scatto e un altro mi illudo di rubare la bellezza che cerco e osservo in tutto ciò che vivo e mi circonda.”

     
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    #pdv_La fotografia va oltre…di Luca De Siena

    September 23rd, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    La fotografia va oltre
    Oltre l’attrezzatura, oltre i soggetti…questa passione ci invita spesso a guardare dentro di noi, nel profondo dove nasce l’ispirazione, anche durante un periodo di privazioni e di confinamento.  
     
    E dire che aspettavo fortemente la primavera.
    Io come tanti altri, certo. Però, sarà forse che in questa stagione ci sono nato e sento una forte affinità con essa, in questo periodo dell’anno solitamente mi sento particolarmente stimolato a fotografare in natura. La mia terra poi, tra il golfo di Gaeta e i monti Aurunci, in primavera offre una enorme varietà di orchidee spontanee ed è un divertimento e una gioia per gli occhi monitorarle nel susseguirsi di fioriture di specie diverse.
    E invece eccoci qui, fermi al palo.
    Per una buona causa, ovvio. Nel mentre il tempo scorre imperterrito fuori delle nostre finestre.
    Sì, le finestre, perché nel mio caso attualmente sono sprovvisto anche di un giardino che probabilmente mi avrebbe offerto maggiori spunti fotografici.


    pdv_DeSiena_1_01E dire però che negli anni passati questo balcone di casa è stato il set di alcuni scatti macro tra quelli a cui sono più affezionato, complice la visita inaspettata di lepidotteri e altri invertebrati. E invece quest’anno ho osservato il continuo di un trend in linea con gli anni precedenti: una minore, preoccupante, presenza di artropodi.

    Allora, quasi inevitabilmente, ci si concentra su piccoli dettagli di piante grasse che offrono grafismi esotici o sulle loro vivaci fioriture sulle quali si va a posare qualche sporadico visitatore di passaggio; sui morbidi cuscinetti di acetosella rosa che interrompono il verde del prato incolto del mio vicino.

    Inoltre prima del lockdown stavo riprendendo contatto con il mare, il mio primo amore fotografico; ma per ora il mare è solo un piccolo ritaglio azzurro che intravedo incastonato tra le abitazioni che occupano le poche centinaia di metri che separano casa mia dalla spiaggia.
    Lo sguardo più nostalgico, con il teleobiettivo, lo rivolgo però agli Aurunci, le montagne dietro casa; chissà se il tenero verde delle prime foglie ha già addobbato gli spogli rami invernali dei faggi e dei carpini che popolano i versanti settentrionali i quali restano celati anche allo sguardo lungo del mio obiettivo dal punto di osservazione attuale.
    I loro fianchi meridionali appaiono come al solito pietrosi e severi, specie quando incorniciati dalle nubi.

    Ma un tempo fermo come questo può essere utilizzato per dedicarsi alla fotografia in maniera collaterale: sistemare il proprio archivio fotografico, fare backup, esplorare funzioni delle nostre macchine fotografiche ancora poco conosciute, pulire l’attrezzatura etc. tutte attività che, sebbene non sfiorino lontanamente il piacere di stare in natura con l’obiettivo rivolto verso ciò che amiamo, ci mantengono comunque un po’ più vicini alla nostra passione.


    pdv_DeSiena_1_05Personalmente ho sfruttato questa pausa per prendere contatti con fotografi italiani ed esteri per i quali nutro una particolare stima cercando con loro un confronto costruttivo nel tentativo di migliorare la mia fotografia anche off-line, “a motori spenti”.
    In questo periodo di lockdown molti professionisti della fotografia hanno messo a disposizione il loro sapere con dirette giornaliere gratuite, webinar o anche corsi e lezioni individuali a pagamento. Cose utili e interessanti per le quali magari non avremmo avuto tanto tempo nella nostra routine quotidiana in tempi… “normali”.

    Credo che la fotografia, almeno quella buona, sia qualcosa che vada ben oltre gli strumenti utilizzati o i soggetti che mettiamo al centro dei nostri scatti e che pertanto ci sia bisogno di nutrire il nostro sapere fotografico, naturalistico e non solo, anche quando non stiamo impugnando la nostra macchina.

    Luca De Siena, Scauri di Minturno (Lt)

     


    Luca De Siena
    Musicista per formazione, da ormai dieci anni ha messo al centro della propria ricerca fotografica la natura. La macchina fotografica è stata contemporaneamente lo stimolo e lo strumento per esplorare e indagare il paesaggio, in particolare quello dei Monti Aurunci, i monti dietro casa che in questi anni Luca ha percorso in lungo e in largo per coglierne l’essenza. Le sue foto sono state premiate in importanti concorsi internazionali (Asferico, Narava etc.) e pubblicate in Italia e all’estero su riviste specializzate in fotografia naturalistica (Macrophotographie, Wild Planet etc.)
     
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    #pdv – L’infinito nel mio giardino…di Francesco Paci

    September 16th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    L’infinito nel mio giardino
    L’esperienza della quarantena di Francesco Paci, fotografo toscano, che condivide con noi le sue sensazioni, vissute attraverso gli occhi della sua piccola bambina Diana di tre anni.
     
     
    Da qualche anno abito in un piccolo comune nella Valgraziosa, leggermente al di fuori del paese, proprio a ridosso dei Monti Pisani.
    Il rapporto con la Natura è sempre stato abbastanza stretto e, in qualche modo, quotidiano: un torrente scorre lento dietro casa, le finestre  affacciano su bosco e crinali.
    pdv_Paci_1_06Non so bene quali siano gli impatti naturali in altre zone d’Italia, ma qui piante ed animali sembrano comportarsi più o meno come in ogni primavera.
    Eppure, immobile ai raggi di un sole caldo, la nuova stagione sembra nascondere qualcosa di nuovo. Un profumo diverso, suoni più squillanti.

    Ma allora cosa c’è di tanto diverso nell’aria?
    A titolo personale, credo che la risposta possa trovare un ragionevole fondamento non tanto nelle differenze del mondo esterno (per quanto concrete), bensì in un piano più intimo dell’equazione “tanto tempo – poco spazio” imposta dalla quarantena ai tempi dell’emergenza Covid19.
    Devo molto di questa sensazione interiore a mia figlia di due anni, con la quale trascorro buona parte delle giornate in giardino.

    Mi trovo spesso ad osservarla contemplare l’universo che abita i confini della siepe: ai suoi occhi quel pezzo di prato non è solo privazione o rinuncia, ma anche luogo di misteri e favolose scoperte, un’arena solcata dal passaggio di minuscoli alieni e di fiori dalle colorazioni e profumi inimmaginabili.
    Poco importa se gli amati sentieri di montagna sono inaccessibili e lontani, quando un micro-mondo infinito è qui davanti a noi.pdv_Paci_1_07

    Lasciando momentaneamente in disparte la situazione globale, tento di fare tesoro del nuovo ritmo che possiamo giorno dopo giorno regalarci in questa forzata intimità. Io le insegno i nomi delle nostre scoperte, lei mi insegna come guardarle con quella delicatezza del tutto nuova che tanto le invidio: più il tempo passa e più mi convinco che lo scambio è impari.

    Con uno sguardo disposto a perdersi nell’infinito di un giardino, tutto questo potrà forse offrirci una lezione di umiltà e di riconciliazione con le ricchezze nascoste tra fili d’erba e riflessi di luce. O per lo meno questo è il modo in cui vorrei provare a sentire questa nuova primavera.

    Francesco Paci, Calci (Pi)

     


    Francesco Paci
     Nato e cresciuto in una città industriale della Toscana, la passione per la vita all’aria aperta spinge Francesco Paci ad abbandonare il frastuono urbano per ricercare sempre più la via del bosco. Da qui nasce un amore per il paesaggio montano e per quell’atmosfera misteriosa percepibile solo nel folto della foresta. L’attrazione verso boschi poco frequentati e ricchi in termini di fauna e flora è andata così rafforzandosi col tempo, tanto da favorire poi l’approccio alla fotografia naturalistica. I suoi progetti a medio-lungo termine sono tutti guidati dall’amore verso questi ambienti e la biodiversità che in essi si preserva, nella speranza che le sue immagini possano in qualche modo contribuire ad una maggiore consapevolezza della bellezza naturale che ovunque ci circonda. Membro dell’Associazione Fotografi Naturalisti Italiani (AFNI), attualmente divide i suoi lavori tra l’Appennino e i Monti Pisani, ai piedi dei quali vive da alcuni anni.
     
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    #pdv – L’ampiezza di un luogo … di Andrea De Giovanni

    September 9th, 2020

    Il punto di vista – #PdV
    L’ampiezza di un luogo
    Abbiamo chiesto ad Andrea De giovanni, fotografo bolognese, di raccontarci la sua quarantena e come si è trasformato il suo tempo e il suo modo di fotografare e osservare la natura.
     
     
    Confinato in quello che all’inizio pensavo sarebbe stato uno spazio troppo ristretto per i miei canoni, ho scoperto quanto in realtà sia relativo il concetto di ampiezza di un luogo.
    Come un insetto, ho cominciato ad esplorare il cortile della mia abitazione: ogni singolo filo d’erba, ogni foglia, ogni fiore, ogni centimetro di terra, e giorno dopo giorno ho visto ciò che mi circonda divenire sempre più grande.
    È così che il tetto della casa di fronte la mia si trasforma in una sconfinata landa, teatro delle curiose scaramucce tra storni, e mentre l’edera che cresce sulla tettoia del parcheggio condominiale comincia ad assomigliare ad una lussureggiante foresta, i cui frutti sono talvolta colti da merli e capinere, tra l’inestricabile dedalo di aghi dell’abete si fa agilmente strada il codibugnolo.

     
     
    DeGiovanni4La giornata è anche scandita da alcuni appuntamenti fissi: sin dalla mattina presto, per esempio, è tutto un via vai di storni impegnati nella costruzione del nido, con le loro sterpaglie tenute strette nel becco; più tardi è il momento delle ghiandaie, che si inseguono passando da un albero all’altro, percorrendo distanze che per me sono ormai siderali.

    Il pomeriggio, infine, arriva il momento che forse preferisco, ovvero quello in cui due cinciarelle fanno la loro comparsa tra i rami illuminati dal sole ormai quasi basso sull’orizzonte. Non appena le scorgo svolazzare da chissà quale angolo dell’immenso universo che il quartiere in cui vivo è adesso ai miei occhi, so già che dovrò mettercela tutta per ottenere uno scatto decente di questi spiritati animaletti, che tutto faranno fuorché arrestarsi per un istante a favore di camera.
     
     


    DeGiovanni3Quando la sera la giornata si conclude, vado a letto chiedendomi quali avventure mi attendono il giorno dopo.

    Riuscirò a fotografare il falco che ogni giorno volteggia alto sopra le prime colline di Bologna che si vedono da qui?
    Oppure sarà il turno della capinera intenta ad ingurgitare una bacca grande quasi quanto la sua testa?
    O magari toccherà ad un animale che non ho ancora incontrato durante i trascorsi giorni di esplorazione.?

    E mentre mi pongo queste domande, mi sorprendo di quanto si possa arrivare lontano semplicemente cambiando la prospettiva dalla quale si guardano le cose.

    Andrea De Giovanni, Bologna

     


    Andrea De Giovanni
    Andrea De Giovanni, classe 1992, è originario del Salento. Vive a Bologna dove, dopo la laurea in Scienze Naturali frequenta il corso di laurea in Biodiversità ed Evoluzione, e svolge un dottorato di ricerca in antropologia molecolare. Avverte fin dall’infanzia il bisogno di documentare e catalogare la realtà che lo circonda e lo fa dapprima riempiendo album da disegno e registrando su cassetta le avventure giornaliere. Più grande scopre la fotografia, dopo aver ricevuto la prima reflex regalatagli dai nonni materni. Prima di allora nessun altro canale gli aveva concesso una tale libertà di espressione. “Se da bambino il mio sogno nel cassetto era quello di andare appresso a mio nonno nelle sue battute di caccia nel bosco, adesso ciò a cui aspiro più di qualsiasi altra cosa è avere il tempo di ritrovarmi nello stesso bosco, con la macchina fotografica al collo e uno zaino da escursionismo in spalla.” 

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    Punti di Vista – #PdV

    September 8th, 2020

    Punti di Vista è la rubrica che raccoglie i vostri pensieri sulla fotografia. E’ aperta a tutti (soci e NON soci).
    Tecniche, approcci, visioni…personali, raccontate con lo stile personalissimo di ogni autore, per condividere e comprendere le diverse prospettive.
    E’ una rubrica settimanale, che rivive ogni giorno su facebook e instagram.

    Buona lettura!!

    Per partecipare a “Punti di Vista” potete inviarci il vostro racconto alla mail: socialweb@asferico.com
    Le regole:
    * testo: da 2500 a 4000 battute (il limite inferiore va rispettato, quello superiore è più libero, ma nel web non mi allungherei troppo)
    * taglio: libero, ma si raccomanda una forte caratterizzazione personale (articolo scritto in prima persona, come fosse una confidenza..)
    * fotografie: da 7 a 15, in formato jpg, minimo 1500 lato lungo. NO watermark (lo mettiamo noi)
    * didascalie: brevi per ogni foto, che aiutino chi legge e anche noi a comprendere lo scatto
    * fotoprofilo: una foto di te, che sistemeremo in formato quadrato e b&w
    * la tua biografia breve.
    * link a social e sito


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    Asferico n. 63 – Sommario

    April 1st, 2020

    barra-63  

     

     

     

    Clicca per vedere i contenuti del numero 63 di asferico, quadrimestrale di fotografia naturalistica 
    Pubblicazione: Aprile 2020  – AFNI edizioni –  Fotografia e Natura in tanti articoli e immagini da tutto il mondo. 


     

    • Tuttapertura
      Johan Lind
    • Fuga dalla città
      di Simona Tedesco
      Esplorare nel libro di Giulio Ielardi, i Monti Simbruini, le montagne di Roma e sorprendersi nello scoprire che l’inaspettato può essere dietro l’angolo.
    • Le forre ritrovate
      di Marco Scataglini
      Luoghi ameni, poco noti, le forre laziali sono al centro di un progetto fotografico che si pone l’obiettivo di farle riscoprire alla popolazione
    • Paesaggi bestiali
      di Marco Colombo
      Un lavoro che, non solo illustra, ma aiuta a comprendere in modo diverso e profondo gli animali, le bestie, come il titolo tradisce, rari o meno, imponenti o meno
    • Incontro con l’autore: Munghui Yuan
      di Ioannis Schinezos
      Indaga le misteriose struttuure del microcosmo il nostro ospite. Immagini che suscitano stupore e meraviglia.
    • Monti Aurunci
      di Luca De Siena
      Una notevole biodiversità di ambienti, dalla macchia mediterranea alla faggeta, caratterizza questo sistema montuoso che s’erge a brevissima distanza dal Tirreno.
    • AFNI commended
      Franco Fratini
    • AFNI story
      di Armando Maniciati e Ioannis Schinezos
    • Immagini e Parole
      Viaggi e scienza di Francesco Mezzalira
      Photography di Tom Ang
      Le antiche vie di Robert Macfarlane

     

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